Dietro la bellezza senza tempo del Parco Naturale della Burcina si nasconde la dedizione e la conoscenza di un uomo che ha dedicato la vita alle sue piante: il geometra Spinotti, esperto botanico che fin dal 1970 ha curato con passione i parchi della città di Biella.
A ricordarlo è il fotografo biellese Roberto Marchisotti, che lo conobbe negli anni Settanta. Tra i due nacque una collaborazione profonda, quasi in simbiosi: Marchisotti documentava con la macchina fotografica la vita del parco, mentre Spinotti, con i suoi attrezzi e la sua competenza, si prendeva cura di ogni pianta come un vero chirurgo verde.

“Mi sono fatto un’esperienza unica – racconta Marchisotti – nel momento in cui lui operava quasi come un chirurgo, dicendomi: vedi, questo è un cancro della pianta. Lo asportava con precisione e rispetto. Mi informava sulla fioritura dei rododendri, e sapeva prevedere il momento di massimo splendore: il 20 maggio, se l’inverno non aveva ghiacciato i bulbi.”
Spinotti aveva catalogato e numerato ogni pianta della Burcina, curandone lo sviluppo e monitorando lo stato di salute del grande faggio secolare, simbolo del parco, che secondo il botanico risultava persino segnato nelle mappe aeree.
La Burcina, in quegli anni, viveva momenti di grande vitalità: fioriture perfette, abbondanti nevicate, e persino sfilate di auto e moto d’epoca tra i rododendri in fiore. Sulle alture, sopra il laghetto, si trovava la cascina di Sergio, che portava le mucche al pascolo, produceva latte e formaggi e scaldava la stalla tagliando la legna, un luogo semplice che divenne perfino set di alcune riprese. Sergio era un uomo d’altri tempi: faceva colazione con il suo cavallo, in stile Lo chiamavano Trinità, e andava a fare la spesa solo una volta al mese. “Era il custode di un mondo che non c’è più”, commenta Marchisotti.

Poi, con il passaggio della gestione del parco alla Regione Piemonte, molte cose cambiarono. “Tutto finì” ricorda Marchisotti con un velo di nostalgia.
Oggi, a distanza di anni, restano inediti molti dei servizi fotografici realizzati insieme: un materiale prezioso, rimasto sospeso dopo la scomparsa del geometra. “Avremmo voluto pubblicare un libro - conclude Marchisotti - ma lui se ne andò prima. Questa è una storia che non c'è più”.





































