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CRONACA | 07 novembre 2016, 15:35

Una lettera di denuncia contro lo sterminio di animali in Valle Cervo

Una lettera di denuncia contro lo sterminio di animali in Valle Cervo

Qualcosa si muove in Valle Cervo, dopo l’ennesima denuncia sulla moria di animali di proprietà dell’agriturismo “La Rondanella”. A inviare una lettera di denuncia al Ministero della Sanità, alle Associazioni animaliste e ai media, è una cittadina di Andorno Micca, Deanna Gatta, che si è presa a cuore una situazione che, sul territorio, tutti paiono voler ignorare.

"Da tre anni – spiega Deanna Gatta - si sta verificando una moria indotta di animali (lama, capre, asini, pecore e maiali). Si tratta di ben 62 creature, morte tra sofferenze indicibili a causa di avvelenamento da rodenticida, come accertato dai veterinari di Torino. La stessa relazione conclude che gli animali sono deceduti a seguito di intossicazione cronica, dovuta ad ingestione alimentare contaminata da dicumarolo e metalli/metalloidi, a cui solo una parte di animali è stata in grado di reagire per la presenza di migliori difese organiche o possibile minor assunzione dei principi tossici. Per inciso la citata relazione riporta che tra giugno ed agosto 2013 morivano un becco, una capra femmina e un’ asina i quali non venivano sottoposti ad autopsia perché non ritenuto necessario dall’ASL di Biella.  

Sebbene della assurda vicenda kafkiana i giornali locali periodicamente parlino e nonostante la pagina Facebook VALLE CERVO da me gestita abbia iniziato nel luglio di quest’anno una campagna di sensibilizzazione per sbloccare l’immobilismo che perdura da oltre 3 anni (ben 1200 giorni durante i quali si è protratto lo stillicidio delle morti che allo stato attuale proseguono), nulla di risolutivo si è fatto per fermare lo sterminio ed identificare il colpevole o i colpevoli dell’avvelenamento: è una situazione paradossale, che pare venga accettata come status quo, implicando l'impossibilità di qualunque tipo di azione ed intervento. L’ordinanza del 18 dicembre 2008 (e successive modifiche), relativa alle norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati, pare così completamente ignorata da chi ha invece il compito di farla rispettare, ordinanza che dovrebbe tutelare la vita e la salute degli animali, la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente. Appare poi grottesco che nello stesso territorio sia stato punito con un anno di reclusione un cittadino per aver preso a calci il suo cane (fatto peraltro ignobile) e contemporaneamente si permetta a chicchessia di continuare impunemente a uccidere creature indifese senza  attivare tutte le strategie atte ad evitare il perpetrarsi del reato.  

In attesa che ogni organo competente e tutti i soggetti coinvolti a vario titolo si attivino adempiendo a precisi compiti e responsabilità, ben indicati nella normativa esistente per la gestione e il controllo del fenomeno, ci si augura che anche in territorio biellese siano FINALMENTE applicate le disposizioni prescritte dal Ministero, dando così fine ad un’ inquietante ambiguità che dà adito ad illazioni di ogni tipo. Il rispetto per la Vita, una delle grandi conquiste dell’uomo, è un segno di civiltà. E la Vita non è solo la Vita umana ma anche quella degli animali, esseri senzienti, individui a tutti gli effetti, come stabilito dall’Articolo 13 del Trattato di Lisbona e riconosciuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell' Animale del 1978 presso la sede dell'UNESCO. Infliggere loro sofferenze senza necessità, per crudeltà o per qualsiasi altra motivazione mai giustificabile, è un atto di violenza e un segno di arretratezza morale che non è degno della società civile”.

Redazione g

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