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COSTUME E SOCIETÀ | 16 luglio 2024, 06:50

Anffas, in pensione Carla Bagnalone dopo 30 anni di servizio: “Li porterò nel cuore”

E aggiunge: “ Negli anni ci sono stati un’infinità di momenti belli e qualcuno brutto legato ai lutti”.

anffas biella

Anffas, in pensione Carla Bagnalone dopo 30 anni di servizio: “Li porterò nel cuore”

Mercoledì 17 luglio sarà un giorno molto particolare per Carla Bagnalone. “In realtà già da qualche tempo tutto mi sembra un po’ strano - spiega -. Andare al lavoro per l’ultima volta e poi essere in pensione, lo sarà ancora di più. Non riesco ad abituarmi all'idea. Anche perché io amo il mio lavoro di educatrice professionale e in Anffas ho trovato un ambiente ideale. Non solo per i tanti ospiti che ho incontrato e aiutato, che sono sempre stati speciali. Pure con i colleghi, negli anni, ho sempre instaurato un bellissimo rapporto. Ora mi attende una nuova fase della vita, che aspetto con una certa curiosità. Tutto è avvenuto così in fretta… Si è aperta infatti la possibilità del prepensionamento, alla luce del fatto che il nostro è un lavoro gravoso, e ho accettato”.

Carla Bagnalone, 63 anni, prova a riassumere i tanti momenti vissuti al Centro diurno di Gaglianico: “Ho iniziato nel 1995. All’epoca non ero specializzata. Nel 2002 invece mi sono laureata, diventando educatrice professionale. In tanti anni il lavoro è cambiato, soprattutto perché ho studiato, accumulato esperienze e competenze. Alla base di questa professione resta la disponibilità ad un lavoro non semplice, con ragazzi e ragazze sensibili e unici, cui va data un’attenzione e una dedizione non comuni. Forse è anche per questo che molti giovani lasciano questo mestiere, in generale, dopo pochi anni. A fronte di stipendi normali, serve infatti un’energia e una passione non comuni per lavorare in questo settore. Io sono sempre entrata ad Anffas con il sorriso sulle labbra e con lo stesso sorriso ho finito i miei turni di lavoro. Ma non è scontato per tutti”.

E ancora, aggiunge: “Negli anni ci sono stati un’infinità di momenti belli: gite, progetti portati a termine e feste. Qualche momento brutto? Certo, direi tutti quelli legati ai lutti. Uno in particolare, quando un ragazzo del centro fu colpito da un infarto. Lo aiutammo subito, soccorrendolo e chiamando l’ambulanza. Ma non ci fu nulla da fare. Morì tra le nostre braccia. Ancora oggi non riesco a dimenticarlo, pur essendo passato un po’ di tempo. Mi sono sentita impotente. Ogni giorno che ho trascorso ad Anffas, invece, pur essendo magari stanca, mi sono sentita bene. Utile per il prossimo, al di là che fosse il mio lavoro e quindi pagata. Questi trent’anni di lavoro li porterò sempre nel cuore”.

Redazione g. c.

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