Si discute e si scrive molto a proposito della nuova rivoluzione industriale in corso, la rivoluzione 4.0. Che sia alle porte o già presente nelle nostre vite, come per ogni cambiamento epocale, solo la partecipazione di massa potrà decretarne il successo duraturo, la diffusione e la crescita.Gli enti pubblici del nostro territorio – ma vale per tutto il Paese – stanno investendo da anni in infrastrutture e in servizi digitali ed ulteriori sforzi verranno fatti anche in ottemperanza al recente Piano triennale rilasciato dall’Agenzia per l’Italia Digitale.
Questi sforzi però rischiano di essere vani se non si risolve il problema a monte, ovvero lo scarsa consapevolezza delle opportunità che il digitale offre. Infatti la media dell’uso di internet in Italia è sotto il 60% contro una media europea del 75% e del 90% per il Regno Unito (dati Eurostat del 2014, ma le forbici non sono variate).
Il tema ha anche un significativo risvolto economico. Il mercato digitale (dati FMI) rappresenta circa il 5% del PIL in Italia contro un 10% nel Regno Unito. Inoltre, nel caso specifico della pubblica amministrazione esporre servizi che non vengono utilizzati impone di tenere il doppio binario cartaceo e quindi una digitalizzazione che dovrebbe fare risparmiare si traduce invece in una spesa in più.L’altro risvolto a cui teniamo particolarmente è quello sociale: inclusione digitale delle fasce deboli (in particolare gli anziani) significa inclusione sociale.
Essere su internet, essere sui social network significa sentirsi meno soli.La risposta a questo problema è tanto ovvia sulla carta, quanto difficile da realizzare nella pratica: un programma di inclusione digitale di massa. Difficile, perché pur essendo il tema sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori, a livello regionale e nazionale ci sono scarsi, se non nulli, finanziamenti dedicati. Ma nel territorio di Biella abbiamo qualcosa che il resto del territorio nazionale non ha: il Patto del Battistero (dal nome di uno dei più noti monumenti della città) ovvero una rete che coinvolge pubblico e privato nella realizzazione delle azioni dell’Agenda digitale. Comuni, Provincia, aziende pubbliche e private, scuole e associazioni mettono in comune risorse, capacità e competenze in una progettualità integrata.
Uno dei cardini del progetto è proprio un’azione di inclusione digitale di massa (#Biellainclude) dove ogni partner svolge il proprio ruolo naturale: le scuole tengono i corsi di inclusione di primo livello (chi meglio di loro sa gestire un grosso numero di allievi), l’Università Popolare si occupa dei corsi di secondo livello (approfondimento su temi specifici), le amministrazioni mettono a disposizione i loro uffici per le iscrizioni e i loro canali comunicativi. Tutti collaborano nella promozione e diffusione delle informazioni.
Il taglio nella sua semplicità è innovativo. I nostri anziani devono e vogliono imparare a fare cose utili e divertenti, cercando di tenere al minimo le nozioni tecniche (NON è una ECDL). Devono essere in grado di comunicare con i loro amici quando non possono uscire di casa, di tenersi in contatto con la propria famiglia magari lontana, di esplorare i propri hobby ed interessi, di accedere ai servizi che si stanno erogando come consultare il proprio fascicolo sanitario o quello INPS.Come ha funzionato fino ad ora? Nel 2016 ci siamo rodati facendo i primi corsi. Abbiamo formato gratuitamente circa 100 anziani a Cossato e circa 180 a Biella, con statistiche interessanti su età, scolarizzazione e interessi.
Siamo contenti? Sì, per la qualità dei corsi e la soddisfazione degli allievi, le lezioni si sono anche rivelate un bellissimo momento di socializzazione e di confronto con gli studenti, coinvolti attivamente in progetti di alternanza scuola-lavoro. No, perché eravamo pronti a formarne più di 300 ed abbiamo avuto meno allievi rispetto ai posti disponibili.Per il futuro, l’obiettivo è ambizioso: allineare la percentuale di persone della provincia di Biella che utilizzano internet, se non ai paesi anglosassoni, almeno alla media europea. Questo significherebbe circa il 10% della popolazione entro il 2020. Forse siamo troppo ambiziosi, ma con risorse proprie ci siamo attrezzati per essere in grado di soddisfare le richieste e per incrementare la domanda con una campagna di comunicazione via social network, giornali locali e tutti i canali istituzionali.
Se arrivano 100 domande formeremo 100 persone, se ne arrivano 1000 ne formeremo 1000. Questa è la nostra sfida, la lanciamo e nel farlo vogliamo coinvolgere e stimolare il confronto con chiunque stia lavorando nella stessa direzione, nonostante la scarsità delle risorse. Vogliamo vedere nascere e crescere, dal basso dei territori, una rete nazionale di pubblico e privato, lavorare per condividere i metodi ed unirci per chiedere (e ottenere) più fondi al Governo. Digitalizzazione della popolazione per noi significa traghettare uno dei più antichi distretti industriali italiani nell’era della tecnologia ed attraverso questa creare un luogo dove sia più bello lavorare, fare impresa, vivere e far crescere i propri figli.





















