Egregio Direttore,
la recente riforma dell’Esame di Maturità, che dal 2026 riporterà la prova orale alla formula tradizionale e reintrodurrà una seconda prova più ampia e strutturata, rappresenta un segnale importante di serietà e di rispetto verso la scuola italiana.
Tra le novità introdotte figura il ritorno della cosiddetta “scena muta”. Se uno studente si presenta all’esame senza proferire parola, è giusto che venga valutato di conseguenza: la scuola deve tornare a riconoscere la differenza tra chi si impegna e chi no. La bocciatura in questi casi non è un segnale di rigidità, ma di coerenza e di rispetto per l’istituzione scolastica stessa.
Dopo anni in cui il livello di preparazione è stato troppo spesso sacrificato sull’altare della semplificazione, il ritorno a un modello più esigente e meritocratico restituisce valore allo studio e dignità al lavoro di studenti e docenti. La scuola non può e non deve essere un percorso a ostacoli ridotti, ma un luogo di autentica crescita, dove l’impegno e la conoscenza tornano a contare davvero.
Condivido pienamente la direzione impressa dal Governo: responsabilizzare i ragazzi, riconoscere il merito e valorizzare la preparazione significa investire nel futuro della Nazione. L’Italia ha bisogno di giovani competenti, consapevoli e motivati, non di promozioni automatiche o di esami puramente simbolici.
Vedo in questa riforma un passo concreto verso una scuola più seria, più giusta e più rispettosa di chi si impegna: una scuola che valorizza davvero il merito.
























