CGIL insieme a Associazione Nazionale Magistrati, Libera, Acli, Arci, Legacoop, SOS Impresa, Avviso Pubblico e Centro Studi Pio La Torre, ha lanciato una raccolta di firme a livello nazionale, per contrastare la criminalità e tutelare i lavoratori coinvolti nelle attività produttive delle aziende sequestrate alla mafia. A Biella l’appuntamento è per oggi pomeriggio, sotto i portici del Comune (una prima raccolta è già stata realizzata lo scorso sabato).
Servono 50.000 firme per promuovere una proposta di legge il cui obiettivo principale è trasformare le imprese confiscate in attività produttive competitive sul mercato, nel rispetto della legalità e dei diritti. Attualmente non esiste una norma che permetta di stabilire come proseguire le attività economiche sottratte alla mafia e nel 90% dei casi le aziende sequestrate ai clan finiscono per fallire o chiudere. Quando un’azienda passa nelle mani dello Stato iniziano infatti i problemi di gestione, dovuti alla revoca dei fidi da parte delle banche, all’annullamento delle commesse da parte dei clienti e all’innalzamento dei costi di mantenimento. A questo si aggiunge molto spesso una certa incompetenza negli amministratori giudiziari.
Secondo i dati dell’Anbsc (Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati) aggiornati a novembre 2012, nel nostro paese dal 1982 a oggi le aziende sequestrate in via definitiva sono 1636 (con un aumento del 65% negli ultimi 5 anni). Di queste solo 35 sono ancora attive sul mercato. Le regioni maggiormente colpite sono la Sicilia (37%), la Campania (20%), la Lombardia (12%) e il Piemonte (1%). Questi dati dimostrano chiaramente che il problema mafioso è diffuso in tutto il paese toccando anche il Nord Italia.
























