Che cosa porta, questa settimana, il calendario di Accademia Perosi Biella? Venerdì 6 giugno, alle 20.30, nell'auditorium di Palazzo Gromo Losa, il Trio di Parma affronta due pagine schubertiane fra le più dense e toccanti: il Notturno D. 897 e il Trio in mi bemolle maggiore op. 100. Il concerto chiude un “cassetto” aperto lo scorso inverno, quando il direttore artistico Stefano Giacomelli inaugurò il dittico dedicato ai trii di Schubert: nel primo appuntamento natalizio il Trio Palladio eseguì l'op. 99 in si bemolle maggiore, mentre quello di venerdì lo completerà con l'op. 100 e il Notturno D 897.
Richiudere un cassetto, in musica, non significa archiviare: significa ordinare, mettere a fuoco, dare un senso a una parabola creativa che nell'arco della Stagione gli spettatori biellesi possono ripercorrere nella sua interezza. Tre passeggeri di lungo corso: Il Trio di Parma – Ivan Rabaglia, Enrico Bronzi, Alberto Miodini – di casa all'Accademia Perosi, dove il pubblico biellese ne conosce già la qualità. Pluripremiati (Gui, ARD, Melbourne, Lione, Abbiati) e applauditi da Berlino a New York, tornano a Biella per confermare che la grande musica passa anche da qui. Il programma è tutto schubertiano, e non per capriccio di catalogo.
A Vienna, all'inizio del 1827, Schubert ha ventinove anni e un destino troppo breve: scrive come se il tempo si fosse fatto elastico, ora lo dilata (il Trio op. 100 dura quasi cinquanta minuti), ora lo sospende (dieci, dodici minuti di un Notturno che par quasi immobile). Non è musica da salotto; è un'autobiografia in codice, dove ogni modulazione è una domanda e ogni ritorno di tema, una smentita provvisoria. Il Notturno – il primo in ordine di esecuzione – ha l'indicazione Adagio: la velocità della stella polare. Il pianoforte arpeggia, gli archi si rispondono.
Si ha l'impressione che qualcuno stia parlando a bassa voce in una stanza vuota: la notte, più che un tempo che scorre, è uno spazio da difendere. Viene poi il Trio op. 100. Il secondo movimento – se lo ricordano perfino i cinefili distratti, grazie a Barry Lyndon – è una marcia funebre che procede trattenendo il respiro, ma attorno c'è un'opera intera: l'Allegro d'apertura, che è già un romanzo; lo Scherzo, che balla sull'orlo del precipizio; il Finale, dove Schubert riprende e capovolge temi come fossero pagine di un diario strappato e ricomposto. Tre motivi per non mancare: dal vivo la musica diventa un'esperienza tridimensionale impossibile da replicare; il Trio di Parma trasforma Schubert in un racconto nitido, costruito con rigore e poesia; l'Accademia Perosi Biella è la casa della grande musica.