Fritto misto alla piemontese: lo salvi chi può. Non c’è piatto della tradizione biellese, tra i più rivisitati o, meglio, impoveriti dei suoi ingredienti principi. Servito al pubblico dietro al titolo di “fritto misto alla piemontese”, in diversi ristoranti o agriturismi del Biellese si nasconde invece un misto di pezzi che seguono i gusti del pubblico, ma non la ricetta tradizionale.
A mancare non è solo la frittura nel burro: oggi si fa a meno delle frattaglie, talvolta aggiunte su richiesta. Eppure, la richiesta non può che arrivare da un cliente esperto, mentre agli altri si propone una versione “edulcorata” della specialità. E pensare che, un tempo, il fritto misto alla piemontese è nato come insieme di pezzi salati (salsiccia, cotoletta di maiale, cervella) accompagnati da verdure come zucchine e cavolfiore, ai quali si sono aggiunti il semolino ed elementi dolci (amaretti, pavesini, pere, mele, ananas, prugne).
Cervella, animella, fegato e polmone in umido, e fresse sono state eliminate dai gusti del fritto tradizionale. I ristoratori del Biellese li definiscono come “richieste aggiuntive”, quando andrebbero considerati ingredienti fondamentali. Vuoi il cambiamento dei gusti della clientela, vuoi l’ansia per la diffusione della “mucca pazza” (ormai passata, in verità), vuoi la complessità di frittura di tutti i pezzi assieme, che implica spesso l’uso di sette o otto fuochi della cucina, si preferisce proporre una fritto “light”, alleggerito delle frattaglie.
I soli ristoranti che ancora propongono un vero fritto misto alla piemontese sono due, da un capo all’altro della Provincia: “Antico Ca’ d’Gamba” di Sordevolo, in via Bona 78, dove vengono serviti talvolta anche i “gioielli” del toro, e il ristorante dell’Hotel “Marina” di Viverone, che per il fritto privilegia gruppi di clienti di discrete dimensioni. Lo salvino loro, il fritto misto alla piemontese, se possono.























