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SPORT | 04 settembre 2015, 12:30

I biellesi al Tor: intervista a Gian Marco Pidello

I biellesi al Tor: intervista a Gian Marco Pidello

"Correrò il Tor des Géants per Cesare Pedrazzo, amico caro mancato ad aprile". Per Gian Marco Pidello, 43 anni, di Sordevolo, il trail valdostano che si svolgerà dal 13 al 20 settembre è anche questo: mantenere vivo l'affetto. "Cesare se n'è andato dopo un periodo di malattia - spiega -. Eravamo coscritti. Siamo stati compagni di scuola dall'asilo alle medie. Insieme abbiamo condiviso e portato nel cuore anche la rappresentazione della 'Passione' di Sordevolo. Lui era Satana anziano e io Cristo. Quest'anno suo figlio ha recitato nella Passione dei bimbi, con il medesimo ruolo. La scena ha spaccato il cuore a tutti. Ricordo con piacere che l'intera edizione 2015 è dedicata a lui. Come poteva essere diverso, ci sono state troppe emozioni e soddisfazioni legate fra loro. Anche l'ultima edizione della 'Sordevolo - Rifugio Coda' si è svolta alla sua memoria, con il primo trofeo". Il trail valdostano è lungo 330 chilometri e impone il completamento in un tempo di 150 ore, ma in questo contesto poco importa; conta esserci per Cesare. "Lui sì che era fortissimo - prosegue - , tanto che ha saputo trascinare pure me, ma questa volta correrò per Cesare, che il giro lo aveva tentato diverse volte, ma per problemini fisici insorti sul percorso, non aveva mai portato a termine. Due anni fa mi sono iscritto anch'io e sono stato ammesso. Non ero particolarmente preparato ma, come si dice, ridendo e scherzando mi sono fatto 170 chilometri. Da allora ci siamo detti mille volte che ne avremmo fatto un altro insieme, io e lui. Lo scorso ottobre, però, Cesare si è ammalato. L'ultima gara, nonostante stesse male, l'ha corsa a settembre. Ogni volta che andavo a trovarlo in ospedale era tutto un giocare di battute, si rideva e si scherzava e spesso gli dicevo: 'dai che è tempo di consumare le scarpe', di allenarsi". Pedrazzo era un grande sportivo. Amava la montagna e praticava alpinismo, sci, trail e ultra trail. "L'ho incitato fino all'ultimo: 'dai, appena stai meglio mi porti sul Cervino', ma non ce l'ha fatta. E' mancato ad aprile. In me è rimasta la volontà di correre il Tor per lui. Non considero il trail una gara, è un viaggio che con il sostegno del fisico spero di portare a termine. Sono consapevole, serve molta testa. Voglio essere coerente con le mie idee e con il proposito per Cesare. Correrò in sua compagnia virtuale. La sua morte - conclude - ci ha portato nel cuore tanta tristezza, ma non dobbiamo fermarci. Lui il trail l'avrebbe fatto a tutti i costi. Se anch'io, per grazia, riuscirò nell'impresa, sarà fantastico; sarà per Cesare".  

Anna Arietti

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