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COSTUME E SOCIETÀ | 06 settembre 2019, 12:37

Roberta Toscano: artista, donna tenace e testimone di una vittoria sulla malattia

Roberta Toscano: artista, donna tenace e testimone di una vittoria sulla malattia

Roberta parlaci di te, chi sei?
Sono una vecchia ragazza torinese, madre felice di due figli grandi, sognatrice, idealista, fragile e ostinata come tutti quelli che scelgono l’attività artistica come professione.  

Come è nata questa passione per l'arte?
Credo che quella che tu definisci “la passione per l’arte” non sia un fenomeno che appare a un certo punto dell’esistenza in alcune persone predestinate ma che semplicemente sia un modo di essere. Sarebbe più corretto domandare quanto sia stato difficile individuare all’interno di me stessa il buco nero che mi rendeva incompleta, la “mancanza” di un frammento che percepivo come vitale, necessario e irrinunciabile per potermi esprimere al meglio e in connessione con il mondo. E’ per tessere questa toppa (che solo l’arte poteva fornirmi) che ho studiato, ho sperimentato, ho combattuto per diventare la persona che ora sono. Sempre incompleta, sempre in cerca di una briciola in più di bellezza ma conscia di quello che dovrebbe essere un artista: un servo del Tempo.  

Cosa vuol dire per te essere sul territorio Biellese come artista?
Trascorro spesso i miei fine settimana in una grande casa di famiglia a Masserano. C’è una piccola vigna, il silenzio del borgo, le zanzare d’estate, la galaverna in inverno. Ho imparato negli anni ad amare profondamente questo territorio ricco di storia e di cultura. Amo svegliarmi al suono del campanile, percorrere le luci delle risaie per raggiungere la montagna, scoprire i parchi e i fiumi, le ville patrizie e i villaggi, le vecchie aziende in disuso e le innumerevoli chiese. Come fotografa trovo che tutti questi paesaggi siano un incredibile tesoro di immagini e suggestioni. Per i miei lavori a tre dimensioni, invece, prendo in prestito spesso materiali che provengono dal territorio: legni, oggetti in disuso, ragnatele. Sono convinta che a Torino non avrei potuto godere di altrettanta libertà di ricerca e di espressione. In più a Biella vivono molti dei miei amici artisti: prima di tutto Armando Riva con il quale ho costituito il collettivo Costarocosa che ci ha portati fino alla Triennale di Milano, ma poi ci sono Paola Zorzi, Manuela Macco, Mario Conte, Guido Salvini, che è diventato biellese da poco, Carlotta Cernigliaro e tanti altri. Sono abituata per carattere, e per urgenze che reputo più di tipo “sociale”, a collaborare ed interagire con gli altri artisti per portare avanti progetti comuni in cui ognuno possa esprimere un suo percorso estetico in accordo con quello di altri per fare arrivare alla società contemporanea il nostro contributo critico con più forza e determinazione. La mostra Disorganica che è stata lo scorso inverno ospitata nella nostra casa Carron Ceva a Masserano, e che ha visto il coinvolgimento di artisti torinesi e biellesi, è stata un bell’esempio di come collaborando tra pittori, fotografi, performers, si possano creare progetti indipendenti interessanti usufruendo oltretutto di spazi non convenzionali per l’arte contemporanea che vengono, attraverso l’allestimento artistico, molto valorizzati. La figura dell’artista romantico e solitario, tutto compreso in se stesso che poco si concede agli altri e alla realtà che lo circonda non ha più molto senso di esistere.  

I tuoi problemi di salute. In che relazione sono con la tua attività artistica? Mi sono ammalata di cancro al seno quattro anni fa. Significa che ho delle cicatrici sul petto e sono tutt’ora in terapia. Questo condiziona ogni secondo la mia vita. Paura e stanchezza sono le due parole più presenti nella vita di un oncologico e chi non lo ammette mente. Io ho sempre rifiutato il concetto di battaglia da combattere per quanto riguarda la mia malattia. Il destino a un certo punto impazzisce e prende una piega assolutamente inaspettata. Da persona sana diventi una malata di cancro. E’ molto difficile accettare di non essere più la stessa donna di prima ma poi, passato il primo trauma, comprendi che è un gioco che devi comunque inevitabilmente giocare, non ti puoi tirare indietro, devi ballare. Tutto ciò non rende vincitori i guariti e perdenti i morti. Alcune forme tumorali, se prese in tempo, guariscono (seguendo scrupolosamente i protocolli) ed è questo il regalo straordinario che la ricerca scientifica e la medicina ci offrono. In più io ho avuto e ho una professione meravigliosa che mi permette di immergermi, se lo desidero, in una dimensione atemporale nella quale il dolore può diventare una forza propulsiva, la rabbia un filtro interessante, la sensazione di solitudine un baluardo contro la banalità. Sento che i lavori che ho portato avanti da quando mi sono ammalata sono in un certo modo più autentici, il cancro mi ha liberata da quella continua autosvalutazione che praticavo inconsciamente prima del tumore e mi piacerebbe poter donare un lembo di questa libertà a tutti quelli che hanno l’occasione di guardare e magari apprezzare le mie opere.  

Da poco è finita una esposizione a Torino dove sono presenti alcune tue fotografie. Ci racconti come è andata?
L’ultimo progetto esposto prima dell’estate a Torino è 53chilometri di filo un’opera collettiva creata principalmente dalla sensibilissima sapienza tessile di Silvia Beccaria. E’ un lavoro sulla relazione e sull’identità che funziona come una grande rete di fili trasparenti e luminosissimi che custodiscono e mettono in contatto tra loro le immagini di molti bravi e conosciuti artisti. La mia sezione in particolare parla del rapporto di amore e corrispondenze che si crea nella famiglia tra genitori e figli in un circolo continuo di scambi.  

Ci parli dei tuoi progetti futuri?
Sono molto contenta di poter annunciare che i lavori che sto creando in questi giorni saranno esposti proprio a Biella nella collettiva di cinque artisti Stati di grazia che sarà ospitata nella galleria di arte contemporanea di Silvy Bassanese nel mese di ottobre. L’inaugurazione sarà il 5 di ottobre e invito già da ora tutti i biellesi che vorranno esserci a presenziare. Sono entusiasta di questa opportunità che Silvy mi ha offerto e spero tra qualche settimana di potervi parlare in modo più approfondito e articolato del progetto che stiamo organizzando.  

Intervista di Luca Stecchi

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