(Adnkronos) -
Scade martedì 16 dicembre il termine per versare la seconda rata (saldo) dell’Imu (Imposta municipale Unica), per il 2025. La tassa sulla casa chiama in causa in generale i possessori di immobili diversi dall’abitazione principale, aree fabbricabili e terreni agricoli.
Come specifica il ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Imu non è dovuta anche per le pertinenze dell’abitazione principale “classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna di tali categorie, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo”.
Dal pagamento è esclusa l'abitazione principale a meno che non si tratti di abitazioni di tipo signorile, abitazioni in ville, castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici. In caso di immobili di lusso l’imposta, infatti, è sempre dovuta. La possibilità di non pagare l’Imu sull’abitazione principale è legata al rispetto dei requisiti di dimora abituale e residenza anagrafica.
Devono procedere con il pagamento: proprietari dell’immobile; titolari del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sull’immobile; genitori assegnatari della casa familiare a seguito di provvedimento del giudice; concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali; locatari per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.
La classifica delle aliquote Imu 2025 più elevate d’Italia si applicano a Roma, dove l’imposta media tocca i 3.500 euro all’anno. Segue Milano, dove si pagano 3mila euro. Lo rileva uno studio a cura del Servizio stato sociale e Politiche fiscali della Uil. Dalla ricostruzione emerge che Roma, Milano e Venezia presentano i costi più elevati per le seconde case, (con importi annui compresi fra 2.300 e oltre 3.400 euro) mentre all’estremo opposto Palermo, Pesaro, Cosenza ed Enna registrano costi annui inferiori ai 400 euro.
Il divario tra le due estremità della classifica supera i 3.000 euro l’anno: Roma 3.499 euro, Milano 2.957 euro, Venezia 2.335, Torino 1.984, Firenze 1.973. Contro Palermo 391, Pesaro 394, Cosenza 395, Enna 460, Gorizia 484.
La legge stabilisce l’aliquota dell’Imu in una misura ordinaria, che può essere modificata dal comune: può essere sia aumentata che diminuita entro i margini di manovrabilità stabiliti dalla stessa legge. A tal fine, il comune determina le aliquote dell’Imu con delibera del Consiglio comunale
Una sentenza della Corte Costituzionale (13/10/2022 n. 209) ha rivisto un aspetto discusso. In precedenza, per non pagare l'Imu era necessario che l'intero nucleo familiare del proprietario avesse sia la residenza anagrafica che la dimora abituale nello stesso immobile. Se ad esempio i coniugi avevano residenze e dimore separate in due immobili diversi, situati nello stesso Comune, l'esenzione Imu poteva applicarsi solo a una delle due abitazioni.
La Corte costituzionale ha invece stabilito che "è incostituzionale la normativa Imu che non consente a entrambi i coniugi la fruizione dell'esenzione Imu prima casa sui rispettivi immobili ove gli stessi risiedano e vivano stabilmente e singolarmente, avendovi fissato la propria abitazione principale disgiunta rispetto all'altro coniuge. Spiega, infatti, la Consulta che nell'attuale contesto caratterizzato dall'aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall'evoluzione dei costumi, è sempre più frequente l'ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, per ricongiungersi periodicamente, ad esempio nel fine settimana".
"In tali casi non ritenere sufficiente, ai fini dell'agevolazione Imu, la sussistenza dei requisiti della residenza e della dimora abituale presso un determinato immobile, è, secondo i giudici costituzionali discriminatorio rispetto a chi, in possesso di pari requisiti, ne beneficia in quanto singolo o convivente di fatto. In conclusione non può essere evocato l'obbligo di coabitazione stabilito per i coniugi dall'art. 143 del codice civile, dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro di stabilire residenze disgiunte. Di conseguenza dalla norma censurata deve essere espunto il riferimento al 'nucleo familiare' in quanto discriminatorio rispetto alla logica che consente al singolo o ai conviventi di fatto di godere pro capite delle esenzioni per i rispettivi immobili", si legge sul sito del Mef (Dipartimento della Giustizia tributaria).
























