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LINK | 01 novembre 2025, 11:30

Dal Monopoli agli Eurogames: Adam Davis Fernsby ripercorre la storia del gioco da tavolo moderno

Pochi giorni fa abbiamo avuto l’occasione di fare quattro chiacchiere con Adam Davis Fernsby, giornalista inglese e studioso appassionato dei giochi da tavolo.

Per gli appassionati di giochi, questa è una grandissima occasione culturale di approfondire i giochi in scatola e la loro evoluzione, dai classici come il Monopoly agli Eurogames, fino alle nuove frontiere ibride dei giochi tradizionali ma in versione digitale.

Chi è Adam Davis Fernsby?

Prima di cominciare l'intervista, spieghiamo chi è Adam Davis Fernsby. Nato a Londra il 21 febbraio nel 1989, Adam ha studiato giornalismo alla University of London e poi ha superato con successo un master in Game Design, sempre alla Goldsmiths, dove ha seguito le lezioni della professoressa Esther MacCallum - Stewart. Oltre all’inglese parla anche il tedesco e già durante gli anni universitari, ha approfondito il ruolo culturale dei giochi da tavolo, una passione (che lui definisce quasi come un’ossessione) che ha nutrito scrivendo articoli per testate internazionali e anche saggi. 

Ci siamo connessi virtualmente con lui in diretta live streaming e abbiamo cominciato questa intervista sulla storia e il futuro dei giochi da tavolo.

Dal Monopoly agli Eurogames, secondo la tua personale visione, qual è il punto di partenza e la svolta dei giochi da tavolo contemporanei?

Beh, dipende, se guardiamo indietro verso giochi come Monopoly e Risk, troviamo delle semplici meccaniche di movimento - conquista - fortuna - idea, questa dinamica è stata fondamentale ed è ancora universale per la creazione dei giochi da tavolo. La svolta sta proprio in questo, anche i nuovi giochi digitali si fondano su questi principi, ma uniscono in più la strategia e, come vedi, le due visioni sono complementari, lo dimostrano ad esempio titoli come The Settlers of Catan o Ticket to Ride. Riassumendo, si esce dalla semplice logica di “gioco - famiglia - da casa” per entrare in un hobby più complesso, un mercato, una comunità di giocatori professionisti, ma non esclusivi.

Potresti indicarci alcuni momenti chiave delle innovazioni meccanico/tecnologiche che hanno segnato questa evoluzione ludica?

Certo, volentieri, dal meccanismo del worker placement che si trova nei titoli come Lords of Waterdeep, fino alle dinamiche deck building, ossia costruzione del mazzo, già possiamo incontrare due momenti chiave fondamentali. Poi ci sono i giochi legacy che si collegano tra loro, infatti, parliamo anche di giochi cooperativi, oppure le piattaforme di crowdfunding, che hanno consentito ai designer indipendenti di sperimentare e andare oltre: questi sono tutti punti cruciali dell’evoluzione ludica. A mio parere, il vero punto di svolta è rappresentato dalle versioni ibride di giochi analogici e digitali, anche se la somma di questi step amplifica il panorama da gioco in scatola a hobby, industria e community in un  mercato globale.

Nel tuo libro pubblicato nel 2025 “The Infinite Board: The Modern Evolution of Board Games”, tutte queste dinamiche vengono esplorare e analizzate nel dettaglio. Qual è il messaggio che vuoi comunicare?

Nel mio libro approfondisco la tesi che lo stesso tavolo non è mai un semplice pezzo di legno, un arredo, ma un’arena infinita di relazioni, emozioni, tutte inerenti all’identità culturale dei giocatori. I giochi da tavolo non fanno altro che dimostrare l'essenza più profonda dell’essere umano, come collaboriamo, la competizione e lo stesso storytelling, così come il nostro modo di affrontare pericoli e gestire le insicurezze. Il tavolo è lo specchio globale della nostra individualità culturale.

In Italia, ma anche in generale nel resto d’Europa, quanto pensi che il fenomeno degli Eurogames abbia influenzato i giocatori, il pubblico e gli stessi editori?

Questa domanda arriva al cuore della questione, perché l’Europa ha due vantaggi, il primo è la tradizione ludica profonda dei giochi da tavolo, il secondo è rappresentato dalla cultura stessa del gioco, che ha creato una vera comunità nei secoli. Gli Eurogame hanno soltanto amplificato questa tradizione, anche attraverso l’interazione amichevole e non banale sulle app e piattaforme digitali, così come nel packaging accattivante. In questo senso, il gioco stesso è stato democratizzato, ma allo stesso tempo la cura dei dettagli è aumentata in maniera maniacale, dando vita a delle piccole opere d’arte, molto diverse rispetto al design minimale di 40 - 30 anni fa. In Italia c’è un mercato forte, dovuto alla profonda cultura ludica, anche gli stessi editori locali promuovono design personalizzati ed eventi, basti pensare che ogni regione ha una tipologia di carte da gioco diverse, che segue la tradizione provinciale.

Ultima domanda e poi ti congediamo: quali sono per te le sfide più interessanti che, oggi, il settore ludico si trova ad affrontare?

Personalmente, secondo la mia esperienza e i miei studi, posso segnalare almeno tre sfide, ne parlo spesso sui miei profili social. Oggi la prima grande sfida riguarda la sostenibilità dei materiali, perché ridurre gli sprechi ed essere ecologici è un tema attualissimo e di grande interesse per tutti. Anche l’inclusione è una sfida sempre ardua, perché lo stesso storytelling deve essere comprensibile a tutte le culture. Alla prima sfida risponde almeno in modo parziale la digitalizzazione ludica dei giochi ibridi, anche se, dall’altro lato, la mancanza di un prodotto tattile resta comunque una grande sfida da superare: insomma, il digitale come amplificazione del reale, il virtuale come 

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