“Essere o non essere” è la grande domanda che ci ha posto William Shakespeare.Oggi vorrei cambiarla in “Essere o apparire?”, che è una domanda che nella vita ci poniamo spesso, a tutte le età. Durante l’infanzia, è più un tarlo che ci insinuano: “Vestiti così, agisci così…” e che, man mano che cresciamo, spesso ci blocca e ci spinge a giudicare severamente gli altri e, soprattutto, noi stessi.Ma è l’adolescenza l’età in cui si consacra la domanda “Essere o apparire?”.
Da una parte, la società inizia a chiederci di fare delle scelte che dovremmo “portarci tutta la vita”; dall’altra, la voglia di integrarci con i nostri coetanei, per non sentirci esclusi (anche se non apprezziamo il loro modo di agire), e mille altre influenze. E a questo punto inizia la più grande fase di etichettatura, sociale e personale, che ci seguirà per tutta la vita.Etichettatura globale stereotipata: gli adolescenti sono ribelli, indolenti, noiosi, maleducati, disconnessi, e la lista potrebbe continuare all’infinito. Oppure, si possono creare etichette personalizzate in base alle scelte di ogni individuo in un determinato momento. Stereotipi e etichette che venivano usate sia nel passato, che nel presente, e che, purtroppo, saranno usate anche in futuro.
Le cronache raccontano che gli adolescenti erano considerati troppo ribelli (pensiamo agli anni ’70), ora invece sono troppo indolenti… insomma, qualsiasi sia la natura, li etichettiamo sempre!La società ha quindi sempre etichettato l’apparire, ma oggi questo è ulteriormente amplificato dall’uso dei social, che ingrandiscono il nostro mondo e quello così fragile degli adolescenti. Da una parte, c’è proprio l’adolescente che, come un puzzle, cerca di costruirsi un’identità, con i mezzi e le conoscenze che ha, e con il grande e assurdo carico di non poter sbagliare per non essere marchiato a vita: quante volte sentiamo la frase “Oggi è così, ma quando ero ragazzino…” detta con gli occhi al cielo e un linguaggio del corpo che sottolinea la disgrazia di aver fatto alcune scelte, non parlo di scelte estreme, a volte solo di abbigliamento o di visioni future della propria vita che possono cambiare. E ripeto, tutto questo è amplificato dai social, non creato dai social stessi.
Già Socrate (non si è storicamente sicuri che sia una sua frase) diceva: “La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, si burla dell’autorità e non ha alcun rispetto degli anziani. I bambini di oggi sono dei tiranni. Non si alzano in piedi quando un anziano entra nella stanza. Contraddicono i loro genitori, tiranneggiano i loro maestri. I giovani sono ormai così corrotti che non possono più essere di alcun vantaggio per lo Stato.” Oggi tutto ciò è ancor più enfatizzato da molti genitori/adulti che, alla ricerca dell’eterna giovinezza, cercano di emulare i figli anche solo nel modo di vestire o di apparire, e proprio durante il periodo adolescenziale dei loro figli, che hanno bisogno di una guida che li accompagni in modo fermo e discreto, a volte anche solo con la presenza e il modo di agire. L’età adulta poi riflette il condizionamento e le convinzioni che ci sono state installate e che spesso ci impedisce di fare delle scelte veramente consapevoli.
La domanda che mi pongo è: “Bisogna proprio scegliere tra essere e apparire?” Non possiamo essere e apparire semplicemente rimanendo noi stessi? Ricordandoci che ogni luogo ha il proprio modo di vestire e trasmettendo ai nostri figli degli esempi concreti di vivere civile, prendiamo ad esempio l’abbigliamento: al mare mi metto i pantaloni cortissimi e il top, in città un paio di pantaloni e una maglietta, sul posto di lavoro mi vestirò in modo adeguato al lavoro che faccio, nella vita privata in un altro modo.Voglio raccontarti questo piccolo pezzo della mia vita che ho usato come esempio a mia figlia. Quando facevo le superiori, il secchione della classe arrivava sempre a scuola vestito in modo classicissimo. Un giorno abbiamo voluto fare un progetto insieme e, per comodità, siamo andati a casa sua. Quando siamo arrivati, non lo abbiamo quasi riconosciuto.
Da “damerino” a metallaro convinto, non solo nell’abbigliamento, ma anche nell’arredamento della stanza. Stessa persona, stessa serenità, e lui stesso ci ha detto che in questo modo poteva esprimere meglio se stesso e concentrarsi di più a scuola. Nessuna scelta tra essere e apparire, insomma!Possiamo non scegliere, essendo noi stessi che vivono in una società che ha delle regole a cui ci adattiamo in parte, affinché si possa vivere nel rispetto. Noi tutti possiamo smettere di dare etichette perenni e capire che apparire se stessi, con i cambiamenti che la vita ci regala, significa essere se stessi. Possiamo rispettare i sogni delle persone senza intrappolarli in essi.
Io sono felice ogni giorno di rispecchiarmi in questa frase, che è la nostra vera fortuna di essere umani: “Non siamo nati in alberi, non dobbiamo stare sempre nello stesso posto e dare sempre gli stessi frutti!” (S. Bortolozzo).A volte gli obiettivi e i sogni nella vita cambiano e spesso è meglio ammetterlo che vivere intrappolati in una realtà che ci fa solo soffrire. Tra “essere e apparire”, io proporrei di SMETTERE di etichettare (noi e gli altri). Io sono felice di avere quest’opportunità! E tu, cosa ne pensi?