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SPORT | 12 aprile 2024, 12:20

Dopo il trapianto di fegato, a 25 anni torna a giocare a basket: "Lo sport mi ha aiutato nel recupero"

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Dopo il trapianto di fegato, a 25 anni torna a giocare a basket: "Lo sport mi ha aiutato nel recupero"

Lo sport dopo un trapianto come paradigma della rinascita. È questo il tema della conferenza promossa ieri mattina da Fondazione DOT - Donazione Organi e Trapianti  in Sala Colonne, per celebrare la Giornata Nazionale Donazione e Trapianto.

A condividere con il pubblico la sua esperienza c’era anche Emanuele Fiore, giovane promessa del basket torinese. Venticinque anni ed affetto da una malattia autoimmune, undici mesi fa ha subito un trapianto di fegato. Studente della facoltà di Economia, sta scrivendo la tesi e facendo il tirocinio, con l’obiettivo di laurearsi nell’estate.

“Gioco a basket – racconta il ragazzo – nella Tam Tam Asd: mi sono dovuto fermare per l’operazione, ma da settembre conto di riprendere”. “Post trapianto – continua – ho avuto un recupero veloce, anche grazie all'attività sportiva, che mi permesso di contrastare la debolezza: non mi sono mai fermato. Sei giorni di degenza, poi sono tornato a casa”.“Lo sport – ha aggiunto - mi aiutato anche pre-trapianto, per arrivarci più forma: nonostante non potessi giocare a basket, perché era un’attività troppo intensa, mi sono sempre allenato a casa”.

Edoardo ha scoperto di essere ammalato all’età di sette anni: fino a quattro anni fa la sua vita è scorsa tranquilla, tra esami e controlli prima al Regina Margherita e poi alle Molinette.Nel 2020 però la malattia inizia a farsi sentire con forza. “Gli ultimi tre anni – spiega - sono stati molto difficili: mi sono fermato con il basket. Sono stato operato dal Dott. Renato Romagnoli, che è un ex cestita come me”.  A distanza appena di due giorni dal trapianto Edoardo si alza in piedi e si guarda lo specchio. “Ho capito subito – aggiunge – che la mia vita era cambiata: non avevo più gli occhi gialli. Prima dell’intervento dicevo di stare bene, ma è come se remassi controcorrente: ora do una pagaiata e faccio chilometri”.

Il 25enne ha una sorella, ex giocatrice di basket, e sua mamma Maristella: il papà Vincenzo è morto per aneurisma cerebrale quando Edoardo aveva 10 anni. “Mia madre ha deciso di donare i suoi organi: dopo il trapianto, sento che la vita è come se fosse un circolo”.Dopo di lui ha racconto la sua storia Paolo Manera, veterano dello sci in gara ai World Transplant Winter Games di Bormio conclusi l’8 marzo, che ha ricevuto un rene dalla moglie Giulia Negri.

“Nella storia di questi pazienti - ha commentato Mauro Rinaldi, Presidente di Fondazione DOT e Direttore Centro Trapianti di Cuore e Polmone delle Molinette, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino - lo sport è un ingrediente di motivazione, speranza, benessere, che ha consentito loro di affrontare con forza l’esperienza del trapianto. La loro rinascita si deve alla medicina dei trapianti, sempre più sofisticata, e soprattutto ai donatori”.  

“La Città di Torino – ha ricordato il sindaco Stefano Lo Russo - permette, all’atto della richiesta di emissione della carta d’identità elettronica, di esprimere il proprio consenso alla donazione degli organi. Un’opportunità che come amministrazione intendiamo far conoscere sempre di più per rendere i cittadini informati e consapevoli su un argomento così importante”.

Cinzia Gatti (Torino Oggi)

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