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Newsbiella Young | 13 aprile 2017, 14:00

Studenti a lezione di volontariato a Palazzo Boglietti FOTOGALLERY

L'Associazione Piccolo Fiore ha fatto conoscere ai giovani opportunità e prospettive riguardanti un tema molto importante della vita e della società

Studenti a lezione di volontariato a Palazzo Boglietti FOTOGALLERY

Mercoledì 5 aprile, Palazzo Boglietti ha ospitato la 7^ edizione di "I giovani... verso il volontariato", un progetto organizzato dall'Associazione Piccolo Fiore per far conoscere ai giovani anche questo aspetto importante della vita e della società. Alle ore 9.30 molte scuole, tra cui l'istituto IIS "Q. Sella", riempivano la sala occupando tutti i posti a sedere e qualcuno è rimasto in piedi ad ascoltare i temi della giornata.

Dopo i saluti del dott. Boglietti e di Francesca Menegon, consigliere comunale, è stato proiettato un video riguardante gli Special Olympics che a luglio si terranno a Biella e già ospitati precedentemente nel 2008 e nel 2012. Il video racconta di giovani volenterosi e determinati, ma che mettono al primo posto l'impegno e le amicizie invece della vittoria. "Che io possa vincere, ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze" è questo il giuramento che gli atleti Special Olympics gridano con convinzione e gioia, perché l'evento è rivolto al miglioramento della vita e delle relazioni e non delle performance individuali di ognuno.

Si tratta di una proposta accessibile ai giovani biellesi che vogliono intraprendere la strada del volontariato, anche solo per provare. "Il volontariato è uno dei pilastri fondamentali di Special" afferma Riccardo Siletti "Su 5000 persone coinvolte, 1000 sono volontari". In realtà si tratta di un'esperienza che in primo luogo arricchisce i giovani che ne ricevono molto più di quello che possono dare. Per ribadire questo concetto, viene letta una lettera della mamma di un atleta; inizia dicendo: "A cosa servono i volontari nelle manifestazioni Special Olympics? Gli atleti non sono bambini, non hanno certo bisogno di essere portati per mano, seguiti, aiutati... Loro non hanno bisogno, i giovani volontari invece sì" e continua "Saranno genitori sicuramente più aperti, che sapranno insegnare ai loro figli che essere diversi è normale". Dopo l'invito rivolto a tutti i ragazzi a partecipare come volontari agli Special Olympics, termina questa prima parte dell'incontro.

La parola passa a Massimo Ramella, presidente dell'Associazione Piccolo Fiore: "E' il settimo anno che organizziamo questo incontro per le scuole. Purtroppo non sempre il bene viene portato a conoscenza o riconosciuto". Così introduce la parte centrale della giornata, dedicata al volontariato internazionale, raccontato da persone che l'hanno vissuto direttamente.

Alberto Chiara, giornalista e vice caporedattore del settimanale "Famiglia Cristiana", presente all'incontro in veste di moderatore, ha presentato gli ospiti e introdotto brevemente le loro storie.

La prima a raccontarsi è Roberta Biagiarelli che inizia definendosi un'attrice di teatro storico-scomodo e racconta di quella che è la sua passione: i Balcani. Roberta è nata a Senigallia e ha scoperto per caso la sua passione: "A ragioneria ho conosciuto un insegnante che amava il teatro". Decisa a dedicarsi all'arte è entrata poi a far parte di Laboratorio Teatro Settimo fino a quando si è sciolto nel 2001. L'interesse verso i Balcani è nato in lei dalla curiosità di scoprire cosa avveniva dall'altra parte del mare, così vicino a dov'era nata, e dalla lettura di un libro, La guerra in casa di Luca Rastello. Così ha preso la zaino ed è partita, alla scoperta di quel misterioso posto al di là del mare.

Ha scoperto un popolo che sta ancora affrontando un terribile dopoguerra, in particolare si è interessata a quello che è stato "il più grande genocidio dopo la Seconda guerra mondiale", la strage di Srebrenica del '95. Ogni anno l'11 luglio hanno luogo le sepolture civili, perché nuovi cadaveri vengono ancora trovati e le donne confezionano delle coccarde fatte all'uncinetto, bianche e verdi, i colori dell'Islam. A questo tema ha dedicato la sua opera teatrale A come Srebrenica che ha debuttato nel 1998 al Festival del Teatro di Arezzo ed è stata rappresentata proprio a Srbrenica nel 2005, decennale del massacro. Roberta continua il suo discorso concentrandosi su due parole chiave: concretezza e immaginazione. "Sono due concetti fondamentali nel volontariato, ma anche nel mio lavoro". Questi principi l'hanno condotta all'ideazione del progetto "Transumanza della pace" che consiste nel portare in Bosnia delle mucche e aiutare a costruire stalle e gestire i campi, affiancata da Gianbattista Rigoni Stern. Roberta lancia un messaggio forte: "Noi dobbiamo metterci in cammino, sperando che prima o poi la politica ci venga dietro" e vuole che a tutti sia ben chiaro che "nel fare volontariato non c'è niente di eroico". Conclude il suo intervento con parte di un monologo di A come Srebrenica.

Con un'altra esibizione, si presentano invece Alaa Arsheed e Isaac De Martin al suono rispettivamente di violino e chitarra. Segue poi l'esperimento che consiste nel far cantare ai ragazzi un pezzo di una canzone in arabo dedicate alle mamme. Alaa, infatti, viene dalla Siria, da una famiglia di amanti dell'arte. I suoi genitori avevano un caffè letterario dove ospitavano vari eventi e artisti; i suoi fratelli suonano violino, violoncello e viola e anche lui ha cominciato a suonare il violino a otto anni. Ha vissuto con la sua famiglia fino al 2011 e poi si è spostato a Damasco, a circa 100 km dal suo paese, dove ha vissuto due anni per poi spostarsi ancora a Beirut dove insegnava musica e dove ha cominciato a lavorare come volontario nei campi profughi palestinesi. "Uno degli scopi della vita è dare qualcosa agli altri" traduce Isaac dal discorso in inglese di Alaa, in modo che tutti capiscano. "Siamo felici se rendiamo gli altri felici".

A Beirut, nel 2015, ha incontrato l’attore italiano Alessandro Gassman che proprio in quel periodo stava girando Torn – Strappati, un documentario che racconta le storie degli artisti siriani rifugiati nei paesi vicini. Gli è stato chiesto di partecipare e Alaa ha accettato. Questo incarico lo ha portato ad essere notato da "Fabrica" che lo ha invitato a Treviso per partecipare ad un workshop musicale.

Isaac e Alaa si sono conosciuti proprio grazie alla musica e questo incontro li ha portati a collaborare. Isaac afferma: "Quando ho conosciuto Alaa ho capito che i media non mostrano quasi nulla di quello che è realmente la guerra". Insieme hanno messo in piedi un progetto di musica jazz con altri musicisti; tra le varie iniziative hanno tenuto un concerto in un centro disabili: un'esperienza emozionante e uno dei concerti più sentimentalmente importanti per i due artisti.

È in programma per quest'estate un tour attraverso i Balcani fino in Grecia: viaggeranno con un camper attrezzato che svolgerà la funzione di studio di registrazione e produrranno un cd insieme agli artisti che incontreranno mano a mano durante il viaggio. Da questo materiale verrà poi sviluppato un documentario con l'obiettivo di "portare la speranza di un mondo senza guerra".

La terza ospite della giornata, Andreja Restek, racconta che le piace molto la musica e, alla fine di ogni intervista, cerca sempre di farsi cantare una canzone. Andreja è una giornalista e fotoreporter che si occupa principalmente di guerra. Secondo lei ogni persona ha come una "malattia", un'ossessione positiva, qualcosa che diventa più importante del resto. La sua è la guerra in Siria, in particolare Aleppo. Ha raccontato di come, in questi luoghi colpiti dalla violenza, sono i beni di prima necessità che vengono a mancare e le cose più banali, che noi diamo per scontate, diventano i sogni più grandi delle persone. "Ho incontrato un ragazzino di 13 anni che lavorava sette giorni su sette. Voleva andare a scuola, ma non poteva perché era lui a mantenere la famiglia"

Un altro bene fondamentale che manca sono i medicinali; a questo proposito Andreja è riuscita, insieme ad altre colleghe, a raccogliere dei farmaci che in parte ha donato all'ospedale.

Le immagini, però, sono molto più incisive delle parole ed è, infatti, con le sue fotografie scattate ad Aleppo che è riuscita ad arrivare dritta ai cuori di tutti. In una fotografia due uomini giocano a scacchi. Andreja commenta dicendo che la guerra funziona così: un momento si combatte e il momento dopo la vita va avanti. Poi un lungo corridoio di una scuola, che è diventata un quartiere generale. Racconta di come un giorno, stupita dal loro comportamento, chiese ad alcuni ragazzi perché si aggiustassero i capelli e si sistemassero per bene prima di andare a combattere e loro risposero: "Così se moriamo, moriamo belli". Una delle foto più incisive mostra una bambina intenta a pulire delle macchie di sangue sul pavimento. Andreja, con molta dolcezza, spiega che il padre di quella bambina lavorava in ospedale ed era più sicuro per lei rimanergli vicino. Così passava le sue giornate pulendo il sangue e aiutando come poteva. Qualche tempo dopo aver scattato la foto, venne a sapere che l'ospedale era stato colpito da una bomba.

Parla poi delle conseguenze drammatiche della guerra sulle persone, come il traffico di organi e di bambini, e di quelli che hanno vissuto in prima persona fatto tragici in Croazia: molti suoi amici e compagni di classe sono diventati cecchini.

Si tratta di un lavoro molto pericoloso che richiede una grande preparazione. Lei si informa sempre molto accuratamente riguardo alla situazione geopolitica del luogo in cui lavora; è importante scegliere bene i "fixer", persone del posto che accompagnano i giornalisti facendo sia da interprete che da guida. Devono essere persone fidate perché hanno un ruolo fondamentale nella sicurezza dei fotoreporter.

Andreja conclude il suo intervento con un incoraggiamento: "Ponetevi degli obiettivi, sognate! Perché potete diventare tutto quello che volete, se vi impegnate".

Al termine dell'incontro è stata data ai ragazzi la possibilità di fare alcune domande agli ospiti. Un’occasione colta da molti della platea, incuriositi e spinti a riflettere su temi molto incisivi.

E’ stata un'esperienza molto apprezzata da alunni e insegnanti, da riproporre assolutamente in futuro.

Maria Zerbola, Filippo Ermanni 3F LSSA

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