La montagna è un ambiente unico. E’ bella e serena eppure aspra, ingannevole e mortale. E nella sua complessa natura custodisce la nostra storia, spesso attraversando un sentiero di montagna si naviga in un immenso tesoro storico di vicende, oggetti, pratiche e animali, come il mulo. Se la montagna è bella ma insidiosa, il mulo è gentile e innocente, forte e silenzioso, docile e indipendente, di zampe tozze e zoccolo robusto. E proprio in montagna questo meraviglioso animale si è legato agli Alpini in un forte legame di amicizia e cameratismo…
Il legame tra mulo e Alpini risale al 1872, proprio alla fondazione di queste truppe di fanteria leggera, e ha come teatro la vita di montagna, che complica le già difficili condizioni di vita militare e della guerra. Il mulo fu una scelta spontanea, in quanto robusto, capace di trasportate grossi pesi sulla groppa, resistente alle malattie e facilmente adattabile ad ambienti sfavorevoli, tranquillo e persino più intelligente e riflessivo dei cavalli. Era la bestia da soma ideale lungo arrampicate strette e impervie, che proprio da lui presero il nome di «mulattiere». Ma il mulo non rimase un semplice animale da impiegare a comando, presto infatti stabilì un legame molto stretto e personale con gli Alpini, che tuttora lo chiamano «soldato a quattro zampe». Un mulo era una recluta con un nome la cui iniziale era legata all’ anno di nascita e una matricola impressa a fuoco all’ altezza di quindici millimetri sulla fascia esterna dello zoccolo sinistro anteriore. Era un compagno d’ armi a tutti gli effetti.
Nei due conflitti mondiali i «soldati a quattro zampe» erano migliaia, ma il loro numero calò fino a circa settecento effettivi nei primi Anni Novanta, venendo congedati nel 1993. L’ ultimo sopravvissuto, il mitico Iroso, «è andato avanti» nell’ aprile 2019, alla veneranda età di quarant’ anni. Gli Alpini li ricordano tuttora con affetto, come il miglior compagno di guerra che potessero mai sperare di avere, alleati preziosi e insostituibili, testardi e fedeli, amici discreti e silenziosi. Per centoventi anni hanno portato viveri e tende, cannoni e feriti, riportato a casa i compagni caduti in battaglia, ascoltando dolori e gioie e senza curarsi di fatica, caldo, freddo, neve, sentieri scoscesi, rocce che spaccavano gli zoccoli. Hanno creato un rapporto di amore con gli Alpini, una simbiosi con i conducenti, loro responsabili e che con dolcezza e pazienza li guidavano in percorsi impervi, condividendo fatiche, sofferenze e, quando l’ erba era poca, addirittura il rancio. Vi sono molti episodi che narrano di conducenti che hanno diviso letteralmente la pagnotta con i muli, del mulo che protegge l’ alpino, e di lui che parla con il suo mulo. Tra le battute che circolavano nelle caserme degli Alpini, una era davvero singolare: «Dove il mulo non arriva, l’ artigliere era capace di portarselo in spalla.».
Nel lungo tempo che ha accomunato i muli agli Alpini i ricordi, gli aneddoti e i racconti che hanno avuto il mulo quale protagonista sono stati infiniti come il cielo, è impossibile ricordarli tutti. E’ la prova del miracolo della vita: nel mezzo della sofferenza e della follia della guerra, in un ambiente aspro e pericoloso come quello montano, un soldato e il suo animale sono uniti in un rapporto di fiducia e affetto reciproci che tende a nascere spontaneamente, ma con più forza che in condizioni normali. Entrambi vorrebbero essere altrove, al sicuro, in pace, e in trincea e lungo il percorso sanno di avere bisogno l’ uno dell’ altro per sopravvivere. La vita vince sempre, la pace è il traguardo a cui noi tutti aspiriamo. Particolarmente toccante è la lettera lasciata dall’ artigliere Luca Masciadri, del gruppo Asiago XXX batteria, al suo mulo: «Il primo giorno, non conoscendoti bene, avevo un po’ di timore, ma poi è nata un’ amicizia. Con quelle grosse orecchie e quel tenero sguardo in quell’ imponente corpo. Guardandoti in quegli occhioni grandi dove si scorge tanta tristezza, forse per i maltrattamenti subiti. Non temere, avrò molta cura di te. Sapevi sempre quando arrivavo la mattina, perché ti mettevi a ragliare e quando mi avvicinavo a te mi appoggiavi la testa sulla spalla. Sapevi che nel taschino della mimetica c’ era il tuo cioccolato e te lo prendevi. Abbiamo camminato fianco a fianco e bevuto dalla stessa borraccia. Quando ti strigliavo mi sembrava che tu mi sorridessi. Ricordo ancora oggi il campo invernale, il bianco della neve che ci circondava e il freddo. Avevi i baffi ghiacciati in quella stalla fredda dove, quella notte di bufera, il tuo grosso corpo divenne per me un comodo giaciglio. Di te avrò sempre un affettuoso ricordo, caro amico mio.». Vi è poi una triste poesia, molto significativa, su uno dei tanti muli che trovarono la morte nel corso della Grande Guerra. Un Alpino, di cui quel mulo fu fedele compagno d’ armi, lo baciò appena caduto in terra. Insieme avevano percorso sentieri impervi, condiviso silenziosamente fatiche e rischi, sopportato con pazienza durissime privazioni. Insieme si erano sacrificati per la Patria:
«Tre volte cadde sulla mulattiera,
poi la mitraglia al suolo lo inchiodò;
nell’ occhio spento c’ era una preghiera
il conducente in capo lo baciò.».
Infine, come il generale Tullio Vidulich, ex Presidente del Museo Nazionale degli Alpini, ha apertamente sostenuto, il mulo rappresenta, consapevolmente o no, l’ ennesima dimostrazione di quanto l’ elemento umano e animale sia nettamente superiore a quello tecnologico: oggi che il mulo non c’ è più, con l’ avvento di nuovi materiali e sistemi tecnici, si usano mezzi ruotati da montagna in possesso di buona mobilità fuori strada e in grado di soddisfare le esigenze operative delle truppe alpine, eppure questi veicoli non saranno mai in grado di sostituirsi al mulo poiché sarà impossibile, neanche con gli enormi progressi della tecnologia, realizzare un mezzo capace di percorrere gli impervi sentieri dell’ alta montagna con l’ agilità e la bravura del mulo. I conducenti dividevano il cibo e conversavano con lui, e lui proteggeva gli Alpini. Con i trasporti di oggi non è più così. La sua resistenza, la sua agilità, la sua grande generosità, così come la sua spiccata sensibilità non si troveranno mai nei veicoli a motore, neppure nel più sofisticato. Sono valori che resteranno nella storia, per sempre...














