A pochi giorni dalla prima campanella dell'anno scolastico 2024/25 ci sono circa 30mila insegnanti in attesa di assunzione.
Dopo aver prestato servizio per tre (o più anni), tanti supplenti, precari della scuola, hanno partecipato ad un concorso bandito con i fondi del PNRR per essere abilitati all'insegnamento ma, ad oggi, ritardi, corsi (a pagamento) e ricorsi dilatano intollerabilmente i tempi per la loro assunzione.
Giustamente, questo “piccolo” esercito di scontenti è sul piede di guerra. In “burocratese” li chiamano “idonei”, e il Ministero dell'Istruzione chiede loro ancora sacrifici: nonostante abbiano vinto il concorso per l'abilitazione, oltre ad aver già insegnato almeno tre anni, sono costretti a seguire dei corsi abilitanti per poter accedere alle graduatorie. Corsi a pagamento, costo medio che si aggira intorno ai 2mila euro, erogati in prevalenza da università private o telematiche.
Non finisce qui, anzi. Il vero paradosso, che fa infuriare anche i sindacati, è costituito dal fatto che la scuola sta per iniziare con oltre 20mila docenti precari in cattedra, tutti posti che potrebbero essere assegnati ai vincitori del concorso PNRR. A questo punto, il dubbio sorge spontaneo.
Sì, perché rebus sic stantibus sembra evidente che il Ministero dell'istruzione e del Merito sia più interessato ad accrescere l'indotto dei concorsi (ogni candidato deve sborsare 10 euro per iscriversi, una cifra sicuramente accessibile, ma che moltiplicata per migliaia di partecipanti alle prove cuba somme davvero importanti) che a trovare una soluzione al problema dei docenti in attesa di cattedra.
Senza contare che i famosi corsi di cui sopra sono anche partiti in ritardo, mettendo spesso gli interessati nell'assurda condizione di dover scegliere tra insegnare (da precari) o partecipare ai percorsi abilitanti introdotti dalla riforma Bianchi.
Come se tutto ciò non bastasse, al termine di questi percorsi, tra esami e tirocini, si ripropone il problema dell'accavallamento di date rispetto all'inizio del nuovo anno scolastico. Una situazione surreale, che potrebbe essere sanata semplicemente assegnando le cattedre vacanti a chi ha già superato i concorsi e creando graduatorie che includano gli idonei da stabilizzare in futuro.
Non è difficile, basta volerlo.