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COSTUME E SOCIETÀ | 30 luglio 2016, 12:31

Memoria e silenzio

Foto Ansa

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Per lunghi minuti, in un silenzio carico di preghiera, Papa Francesco ha sostato nel luogo simbolo dell’immane tragedia della Shoah. Ad Auschwitz e Birkenau, dove meno di settant’anni fa si consumò la follia dell’odio dell’uomo contro l’uomo, il Pontefice ha reso omaggio alle vittime di «tanta crudeltà», come ha scritto nel libro d’onore firmato al campo di sterminio, accompagnando la sua preghiera con un’invocazione alla «pietà» e al «perdono» del Signore.

Il Papa ha scelto il silenzio per fare memoria di quella resta una delle ferite più laceranti e profonde nella storia dell’umanità. La sua visita al lager polacco, che ha aperto la giornata di venerdì 29 luglio, è stata un mesto pellegrinaggio di preghiera e di dolore. Da solo, con passo lento, Francesco ha varcato il cancello di ingresso, passando sotto la scritta tristemente famosa «Arbeit macht frei».

Quindi si è fermato per oltre un quarto d’ora seduto in muto raccoglimento dinanzi ai luoghi di prigionia dei deportati. Ha baciato uno dei patiboli eretti nel campo, ha salutato alcuni sopravvissuti, ha poggiato la mano sul muro della morte, si è fermato nella cella dove fu rinchiuso padre Massimiliano Kolbe, il francescano conventuale proclamato santo nel 1982 da Giovanni Paolo II. Quindi, nel vicino campo di Birkenau, è passato accanto alle lapidi incise nelle 23 lingue adoperate dai prigionieri, ha ascoltato il canto del salmo 130 intonato in ebraico da un rabbino e ha incontrato un gruppo di “giusti tra le nazioni”.

Gesti più forti di mille parole, in un clima di raccoglimento e commozione che ha fatto quasi da contraltare all’atmosfera di gioia della festa di accoglienza dei giovani della gmg, svoltasi nel pomeriggio di giovedì nella grande spianata di Błonia, a Cracovia.

Intorno al Pontefice si sono radunati centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze di tutto il mondo, impegnati a vivere quell’«avventura della misericordia» alla quale Francesco li ha chiamati, invitandoli a non arrendersi e a non gettare «la spugna prima di iniziare la partita». Dal Papa un appello soprattutto a evitare la tentazione del “quietismo” e a lavorare per «costruire ponti e abbattere muri, recinti o reti».

Dal nostro corrispondente di Aosta

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