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CRONACA | 06 aprile 2020, 07:00

Coronavirus, il racconto di Silvia e Matteo da Cambridge: “Preoccupati e lontani da famiglie. Ma andiamo avanti con speranza”

La coppia biellese vive nel Regno Unito da più di due anni: Matteo ha 26 anni e studia per il dottorato in matematica. Silvia, 28enne di Vigliano, lavora come infermiera. Entrambi stanno vivendo in prima persona le settimane dell’emergenza. “Non nego di aver paura ma devo farmi forza – confida Silvia - In questo momento, più che mai, c’è bisogno di me e dei miei colleghi”.

silvia matteo cambridge coronavirus

Foto scattata prima dell'emergenza coronavirus

“Questi mesi sono stati inusuali e all’insegna della preoccupazione sempre via crescente. Non è facile essere all’estero, lontani dalle proprie famiglie, nei giorni del coronavirus. Ci chiediamo quando torneremo a casa e speriamo che ciò accada il prima possibile, una volta superata l’emergenza”. È la speranza di Matteo Giordano e Silvia Mirabelli, giovane coppia biellese che, da più di due anni, risiede a Cambridge, in Regno Unito, lontana dai propri cari e dalle montagne biellesi.

Matteo, 26 anni e originario di Biella, è un talentuoso studente (e membro di un gruppo di ricerca) che punta a conseguire il dottorato in matematica alla prestigiosa Università di Cambridge. Silvia, invece, viene da Vigliano Biellese, ha 26 anni e lavora da quasi un anno all’ospedale universitario - Addenbrooke’s Hospital - come infermiera strumentista in una sala operatoria di chirurgia pediatrica. Due giovani ben affiatati che, come è accaduto a molti altri, stanno vivendo in prima persona gli effetti dell’emergenza sanitaria globale. “Dopo le prime distanti notizie dalla Cina, abbiamo seguito con doloroso interesse le notizie che giungevano dall’Italia – raccontano Silvia e Matteo – Sembrava incredibile una situazione del genere anche perché all’inizio, qui in Regno Unito, l’impressione comune era quella che il numero dei casi potesse rimanere circoscritto”. Ma così non è stato.

Anche su suolo inglese la tempesta del coronavirus ha cominciato ad abbattersi in maniera virulenta modificando le abitudini del popolo britannico. “È diventato evidente come l’epidemia stia seguendo un percorso simile a quello degli altri stati europei. Allo stesso tempo sono state adottate misure, che via via, sono diventate sempre più stringenti per cercare di contrastarla. Purtroppo, avendo seguito con attenzione l’evoluzione della faccenda in Italia, sapevamo cosa aspettarci. Progressivamente abbiamo cominciato a ridurre i contatti personali e a uscire per necessità prima ancora che tutto questo diventasse legge. Ogni giorno ascoltiamo le disposizioni del Governo inglese e cerchiamo di seguirle il più possibile”.

Tra le azioni adottate dal premier Boris Johnson per contrastare la diffusione del coronavirus ci sono lo stop di tutti gli esercizi commerciali non essenziali (come bar, ristoranti, cinema teatri), il divieto di riunioni pubbliche con più di due persone, la chiusura dei luoghi di preghiera e l’obbligo di restare in casa. Ad oggi, il numero dei contagi è arrivato a 47.806 mentre i decessi sono ora 4.934. Ed è notizia di sabato che nel Regno Unito sono morte altre 708 persone in 24 ore, contagiate dal coronavirus. Tra queste, un bambino di 5 anni, reso noto dal servizio sanitario britannico. “L’evoluzione dell’epidemia sembra seguire da vicino quella italiana, con un ritardo di circa due settimane – spiega la coppia biellese - Siamo, quindi, ancora nella fase iniziale di rapida crescita del numero di persone contagiate. Il Governo ha adottato misure restrittive simili a quelle italiane e anche qui è possibile uscire solo per comprare beni di prima necessità o per praticare attività fisica all’aperto, una volta al giorno. A Cambridge, l’Università ha sospeso la didattica in aula e ha trasferito tutte le lezioni su piattaforma digitale. Inoltre, è stato consigliato a tutti gli studenti, che hanno la possibilità, di tornare a casa. Di conseguenza, la città, di solito sempre vivace ed indaffarata, appare stranamente vuota in questi giorni”.

Nei giorni dell’emergenza, Matteo lavora con il pc dalla propria abitazione mentre Silvia continua a prestare servizio ogni giorno come infermeria. “Non nego di aver paura- confida quest’ultima – ma devo farmi forza. Ora, più che mai, c’è bisogno di me e dei miei colleghi. Al lavoro mi sento sicura, anche perché l’ospedale sta lavorando sodo per garantire la sicurezza di noi operatori. Il rischio c’è ma si stanno implementando le misure di sicurezza senza omettere quella dei pazienti. Lotto e vado avanti”.

Oltre ai pensieri quotidiani su ciò che accade su suolo britannico, l’attenzione di Matteo e Silvia è rivolta anche alle proprie famiglie e agli amici d’infanzia residenti nella nostra provincia. “Siamo ovviamente preoccupati per ciò che sta succedendo nel Biellese e in tutta Italia, e ci dispiace non poter essere fisicamente vicini alle persone che amiamo e a cui siamo più legati. Comunque, ci rendono più sereni la serietà e la determinazione con cui il nostro Paese sta affrontando questo momento. La nostra impressione è che le misure adottate in Italia, e in gran parte introdotte anche negli altri paesi europei, stiano andando nella direzione giusta. Non vediamo l’ora che tutto torni alla normalità, così da poterci rivedere. Noi non perdiamo la speranza”.    

g. c.

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