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CULTURA E SPETTACOLI | 29 maggio 2024, 08:00

“E noi zitti?” Sulle Pettinature Rivetti di Biella graffiti e proiezioni artistiche

L’opera di Luigi Spina con il contributo di Antonio Canevarolo, Piergiorgio Clerici, Nicoletta Feroleto, Maurizio Pellegrini, Enrico Strobino, Federico Trombini.

“E noi zitti?” Sulle Pettinature Rivetti di Biella graffiti e proiezioni artistiche.

“E noi zitti?” Sulle Pettinature Rivetti di Biella graffiti e proiezioni artistiche.

L'edificio delle Pettinature Rivetti a Biella, progettato dall'architetto Giuseppe Pagano nel 1939, sorge all'angolo di via Carso e via Piave ed è un esempio rimarchevole di architettura industriale razionalista. Fu concepito dal suo progettista come fabbrica a misura d'uomo, da non considerarsi semplice strumento di lavoro ma “opera d'arte, espressione di vita, manifestazione dello spirito”. La fabbrica si inseriva nel grande complesso delle Industrie Rivetti, che occupavano una vasta area di 47mila metri quadri tra via Repubblica e via Carso, nel pieno centro cittadino.

Dismessa all'inizio degli anni Novanta del Novecento la fabbrica, oggi in stato di completo abbandono, giace come un gigante silenzioso che accoglie il visitatore al suo ingresso in città. Un lungo muraglione di cinta separa quello spazio inerte dal resto della città. L'intenso traffico d'auto sulla strada tradisce una certa indifferenza della cittadinanza verso quel monolite di cinque piani, anonimo e ingombrante, più volte sfuggito a propositi di riutilizzo commerciale. Eppure, l'edificio simboleggia una storia imprenditoriale e sociale di grande rilievo, un passato non così remoto, dove il lavoro non precario era il centro del benessere sociale, un passato che in questo presente di crisi e incertezze, sembra dimenticato.

Su idea di Gigi Spina un gruppo di “creativi” ha unito forze e competenze per comporre un'opera collettiva che vuole portare consapevolezza su un luogo di importanza storica, porre l'attenzione sul degrado attuale, sul problema degli spazi dismessi e al tempo stesso puntare il dito sul tema del lavoro e della sua precarietà.

Utilizzando il muraglione di cinta come “lavagna” i filmaker Piergiorgio Clerici e Maurizio Pellegrini, i fotografi Antonio Canevarolo e Federico Trombini, il musicista Enrico Strobino, l'artista grafica Nicoletta Feroleto hanno composto, in un video di 24 minuti, un “patchwork” visivo e sonoro fatto di tasselli/squarci nel muro che si aprono a raccontare il luogo sotto vari aspetti: l'architettura morale di Pagano, il “mito Rivetti”, la “città dei 15 minuti”, il lavoro quando c'era, l'abbandono e la memoria.

“E noi zitti?” riprende il titolo di un articolo polemico che l'architetto Pagano pubblicò su Casabella (rivista di cui era direttore) nel gennaio 1943, dove scriveva: “noi da anni andiamo denunciando la brutale evidenza di una pessima urbanistica speculativa e di uno sfacelo compositivo”. Di lì a poco Pagano sarà incarcerato per attività sovversiva e finirà i suoi giorni a Mauthausen, il 22 aprile 1945.

“E noi zitti?” diventa di nuovo un invito a non tacere, a riflettere sul tema del lavoro, passato e futuro. L'occasione è offerta da Hydro, spazio di sperimentazione culturale e sociale, che propone questo incontro nella prospettiva di costruire un laboratorio permanente dove discutere, riflettere e ragionare di lavoro, della sua evoluzione e della sua funzione sociale, anche nella nostra città. Dalla città-fabbrica alla smaterializzazione del lavoro e dei diritti, la voce, profetica, dell’architetto Pagano, apre a noi, a ottant’anni di distanza, la visione di uno scenario di trasformazione che l’architetto aveva saputo intuire, immaginando una città inclusiva, la cui vita gravitava intorno al lavoro, ma non ne era travolta.

C.S. Video Astolfo, G. Ch.

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