/ Biellese Magico e Misterioso

In Breve

Video animalerie

Biellese Magico e Misterioso | 27 maggio 2018, 07:55

Il biellese magico e misterioso: Il Dio di pietra della “Pera Pichera” fra Roppolo e Salussola

A cura di Roberto Gremmo

Il biellese magico e misterioso: Il Dio di pietra della “Pera Pichera” fra Roppolo e Salussola

   Il Biellese è una terra di pietre magiche e guaritrici, oggetto fin dall’antichità di venerazione  fra le popolazioni rurali che vivevano lontano dai grandi centri abitati.

   La “saxarum veneratio” con culti paganeggianti di massi di forma particolare, ritenuti depositari di speciali virtù non venne mai interrotta.

    La grande pietra con il volto umano scolpito dalla natura sovasta la valle dell’Elf ed é stata per secoli, assieme al masso di San Besso, un santuario religioso degli antichi Salassi; l’intera regione della Bessa é disseminata di massi utilizzati per pratiche divinatorie dei Vittimuli.

   A Magnano un imponente monumento litico naturale a forma di teschio umano é noto come “Ròch dla giustissia” e la tradizione popolare vuole che fosse il luogo dove anticamente un’imprecisata autorità spirituale avrebbe giudicato i popolani, condannando implacabilmente i colpevoli, giustiziati nel vicino colle detto “dla forca”.

    Oltre a queste presenze di cui ci siamo occupati diffusamente nel libro “Le grandi pietre magiche” si distingue per caratteristiche originali la così detta “Pera pichera” che s’incontra nei boschi a lato della strada provinciale fra la frazione di Prelle di Salussola e Zimone, in piena terra ‘Vittimulense’.

   Per trovarla, é sufficiente percorrere la strada sterrata che dalla provinciale sale alla panoramica cascina Vercellino deviando a destra quando si é sulla cima della salita. Proseguendo guidati dai numerosi segnali di colore giallo si giunge facilmente alla maestosa presenza litica.

    Naturalmente, questo é il percorso degli escursionisti, ben diverso da quello magico e rituale del passato.

    Per scoprire la realtà nascosta di perduti riti processionali pagani occorre infatti partire dall’appartata frazione collinare di Salomone di Roppolo dove la chiesetta di san Vitale é centro di devozione della comunità locale ma é anche meta di pellegrinaggi che salgono anche da un borgo di pianura come San Germano Vercellese.   

   Il toponimo Salomone richiama direttamente le “Sale”, gli insediamenti longobardi di cui rimane testimonianza a Sala Biellese non lontana da Roppolo, Salabue limitrofo a Crea ma anche a Salomino e Salasco.

   Proprio ai bordi della strada che da Salasco conduce a San Germano, prosegue per Tronzano e giunge a Salomino passando per Crova si crede esista una misteriosa “Preja cagnàla” (pietra cagna) custode d’un immenso tesoro. Come spiega  lo studioso Gian Domenico Zucca in un saggio pubblicato nel 1999 sui “Quaderni di semantica” si tratta però d’un masso molto cercato ma mai individuato.

  A Roppolo una devozione pagana cristianizzata richiama a san Vitale i fedeli della pianura vercellese lungo un percorso ormai perduto che da Salasco saliva a Salomone snodandosi fra massi ritenuti dotati di poteri salvifici ?

   Non sappiamo.

    Secondo una robusta tradizione orale, la devozione dei sangermanesi per San Vitale sarebbe iniziata nel Seicento come ringraziamento per aver salvato il borgo da una devastanta invasione di scorpioni e, in effetti, in alcuni vecchi affreschi oggi scomparsi i pericolosi animali venivano raffigurati accanto al Santo liberatore.

    Ma San Vitale é stato tirato in ballo per aver sconfitto degli animaletti molesti proprio come a Settimo Rottaro viene onorato il beato Bononio per aver liberato il borgo da un mostro del lago. Perciò non si può escludere che le due devozioni cristiane abbiano semplicemente rimosso dei riti di più antica e perduta sacralità, trasformando forze naturali da sempre venerate in arcane forze maligne, identificate con bestie temibili e pericolose. 

    E’ un fatto che un coraggioso sacerdote cattolico, ricercatore ed etnologo come don Carlo Rolfo negli anni ‘60 scrisse un pionieristico studio sull’antico popolo di Vittimula (quello dei “Vit” ?) e sostenne che dove oggi s’eleva la chiesetta di Salomone dedicata a san Vitale “Tutto fa credere che vi preesistesse un tempio pagano antichissimo”.

   Superata l’ormai diruta chiesetta di Santa Elisabetta, ai lati del sentiero campestre un cartello posto da qualche appassionato definisce “Tomba della Regina” quello che per le guide ufficiali é più semplicemente “Ròch dla Regina”.

    Oltre la pietra regale il sentiero prosegue fra la vegetazione boschiva finché subito dopo un piccolo rio si vede un manufatto muratorio singolare, una minuscola cisterina di mattoni d’epoca imprecisata che protegge una sorgente.

   Anche lunghe e ben allinate muraglie a secco testimoniano d’una antica antropizzazione della zona oggi tornata selvaggia ed inospitale.

    Il sentiero sale fino ad un modesto cippo confinario che indica la deviazione verso la “Pera Pichera”.

   Ad un secondo bivio, il sentiero s’inerpica e dopo pochi metri compare in tutta la sua maestosità la pietra magica.

    Dal sito “SalussolaNet” ricavo alcune curiose e stimolanti informazioni.

   Largo più di sei metri ed alto più di quattro, il masso erratico in un imprecisato ma lontano passato avrebbe avuto al suo culmine un vero e proprio ‘menhir’ forse di forma fallica che avrebbe reso unico e particolare quel dio di pietra.

    Accanto alla pietra magica ve ne sono diverse altre più piccole e pertanto non é azzardato supporre che il complesso litico fosse davvero un luogo di devozioni pagane, talmente inviso al cattolicesimo trionfante che i pii monaci barnabiti del non lontano convento di Carengo avrebbero deciso di rimuoverlo, riuscendovi solo in parte perché la pietra era troppo grande ed imponente.

   Perciò sarebbe stata troncata nella parte più elevata, adagiata sullo stesso culmine, forse per un istintivo timore o senso reverenziale.

   Quest’amputazione non avrebbe minimamente dissuaso i popolani dal recarsi devozionalmente alla pietra sacra, praticando non meglio precisati riti magici e terapeutici.

   L’opera di rimozione degli aspetti più eclatanti e scandalosi del grande masso sarebbe avvenuta nel 1777 ed a perenne ricordo di quest’intervento di rimozione gli stessi monaci avrebbero inciso su una parete laterale una croce e la data dell’offesa irreparabile.

   Il sito “Salussola.Net” ha pubblicato qualche tempo fa la foto dell’iscrizione ma, in realtà, l’incisione d’una croce seguita dalle lettere R e S indica che il masso era una pietra confinaria che segnava senza possibilità di rimozione il confine fra le comunità di Roppolo e Salussola.

   Nell’estate del 2016 molto é cambiato nel luogo magico, che é stato spesso violato e irreparabilmente deturpato.

   Adagiato sulla sommità della pietra si trova effettivamente uno spuntone roccioso piramidale.

   La scritta incisa lateralmente c’é ancora, ma é stata completamete modificata, rispetto a quanto mostra la foto di “Salussola.Net” di qualche tempo addietro. Invece della presunta data 1777  qualcuno ha tracciato il numero 43 seguito da una lettera effe e da tre lettere ti.

     Perché ?

    Resta invece immutata l’imponenza e la spettacolarità d’un vero e proprio Dio di pietra.

  Saremo grati a chi vorrà segnalarci realtà analoghe a quelle esaminate in questo articolo scrivendo a storiaribelle@gmail.

   Per approfondire questi argomenti segnaliamo un libro reperibile alla libreria “Ieri e Oggi” di via Italia a Biella.

Roberto Gremmo

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore