Babbo Natale è seduto un po’ storto, il cappello rosso calato di traverso, la bottiglia ancora in mano e l’aria soddisfatta quanto appesantita. La pancia gonfia racconta più di mille parole: pranzi infiniti, dolci tradizionali consumati senza risparmio, brindisi ripetuti con zelo. È una rappresentazione che, con un tocco di ironia, mette a nudo il modo in cui il Natale viene spesso vissuto.
Quel Babbo Natale richiama lo spirito del Natale passato, quello raccontato da Dickens: una memoria viva che osserva con lucidità ciò che la festa è diventata nel 2025. Uno sguardo che mette a confronto il significato originario del Natale con la sua versione contemporanea, sempre più affollata di rituali automatici e sempre meno capace di interrogarsi sul suo significato.
Il “pieno” evocato è tutt’altro che simbolico. È il pieno di regali accumulati, di tavole imbandite oltre il limite, di una corsa al consumo che si ripete puntuale ogni dicembre. Un meccanismo alimentato da un’economia vorticosa che prima impone l’abbondanza e subito dopo suggerisce il rimedio: il digestivo finale, necessario per smaltire gli eccessi e prepararsi a ripartire, pronti per il prossimo ciclo.
L’eccesso diventa normalità, lo spreco una consuetudine, la misura un valore sempre più marginale. Eppure, esiste un’altra possibilità. Il Biellese, con il suo tessuto di piccole attività, di eccellenze locali e di persone che ogni giorno investono competenze e passione nel territorio, offre un modello alternativo: più sobrio e consapevole. Valorizzare il locale, scegliere prodotti e realtà di prossimità significa dare forza a un’economia che crea valore senza inseguire l’eccesso.
Non è un caso che, dalle riflessioni diffuse in questi giorni dagli esponenti religiosi biellesi, emerga una convergenza. Pur partendo da sensibilità e percorsi differenti, il messaggio è condiviso: il Natale richiama alla gratitudine, alla speranza, alla serenità interiore, invitando a rallentare e a interrogarsi sul proprio stile di vita. Un monito trasversale, che non spinge alla rinuncia, ma a una diversa misura delle cose.
Accanto alla critica, ciò che continua a rendere il Natale un momento significativo è l’occasione per ritrovare i propri cari, per sedersi insieme e condividere un tempo che durante l’anno spesso manca. È il momento in cui un dono, se pensato con il cuore, torna a essere gesto e non obbligo. È anche il periodo in cui può nascere un’attenzione verso chi è meno fortunato o non ha la possibilità di festeggiare, con un atto di solidarietà. Il pensiero è anche rivolto a chi continua a lavorare garantendo servizi essenziali, permettendo a tutti di vivere le festività.
Quando le feste finiscono e resta il silenzio, dopo tanto rumore, il Natale rivela la sua vera misura. Non quella degli scontrini o delle tavole stracolme, ma quella di ciò che ricordiamo, una volta passato il clamore. È nel vuoto che segue l’abbondanza, che si capisce se abbiamo celebrato davvero qualcosa o soltanto consumato anche questa occasione.





