A sessantatré anni, scegliere di partire non è un gesto scontato. Significa uscire dalla zona di comfort, mettere da parte le certezze quotidiane e affrontare l’ignoto con la determinazione di chi non ha perso il gusto dell’avventura. È ciò che hanno fatto due cugini, entrambi coetanei: uno partito da Biella, l’altro da Serradifalco, in Sicilia. Destinazione comune: Capo Nord, estremo lembo settentrionale d’Europa.
Non si è trattato di una sfida, né di una dimostrazione. Solo il desiderio di salire in sella alle rispettive moto, inseguendo un sogno coltivato nel tempo.
Il viaggio è cominciato con un abbraccio, dopo essersi ricongiunti lungo il tragitto. Poi la rotta verso nord: Svizzera, Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia, fino alla Norvegia. Quattro settimane di strada, circa 10.000 km per uno, 12.400 per l’altro. Nessun albergo prenotato, solo tende, sacchi a pelo, un cambio d’abiti essenziale e un fornellino per cucinare sul marciapiede quando serviva.
L’essenziale, appunto. Anche per l’igiene, ci si è adattati. Solo tre concessioni al comfort: una notte in dormitorio, due in hytte – le tipiche casette norvegesi – e un soggiorno in un piccolo B&B. Per il resto, il viaggio è stato spartano, a tratti scomodo, ma intensamente vero.
Ogni sera era una sfida: trovare un luogo per dormire, lavarsi, mangiare. Montare la tenda sotto la pioggia, lavarsi con mezzo litro d’acqua, convivere con il timore di dover smontare tutto nel cuore della notte, sono stati momenti frequenti. Eppure, c’erano anche serate di stanchezza felice, sotto un cielo perennemente chiaro, senza il buio della notte.
Anche i mezzi meccanici hanno avuto il loro ruolo: la moto "Suki", compagna fedele, ha dato qualche grattacapo ma ha retto l’impresa. Un borsone storico testimone di viaggi precedenti in Scozia, Inghilterra, Spagna, Portogallo e Grecia, ha ceduto durante il tragitto. È stato salutato con affetto, come si fa con un vecchio compagno di strada.
Capo Nord non ha regalato spettacoli clamorosi: nessuna aurora boreale, assente d’estate per via del sole di mezzanotte. Ma ha offerto qualcosa di più profondo: il silenzio, la luce continua, la fatica, il senso di fratellanza e quella sensazione inconfondibile di essere liberi, davvero.
Questa non è un’impresa, e i protagonisti non si definiscono eroi. È piuttosto una storia semplice, vera, fatta di chilometri, vento in faccia, cene improvvisate e momenti di silenziosa condivisione. Una storia che vale la pena raccontare, soprattutto per chi, fino a poco tempo fa, non avrebbe mai creduto possibile un’avventura così.






