A chi si trovava a viaggiare in autostrada sulla Torino-Milano il giorno 30 maggio, sarà sembrato strano veder passare una Nissan GT1 in configurazione Le Mans 1998. Era mio marito che, seguito dalla troupe del regista californiano Jeremy Heslup, si godeva il tragitto per realizzare un filmato tra la pista di Balocco e Bielmonte. Jeremy, che nel 2016 realizzò uno speciale sul World Stratos Meeting di Biella, è tornato per celebrare nel centesimo anniversario della 24 ore di Le Mans il pilota che vi prese parte 8 volte proprio con l’ auto con cui vi corse nel 1998: la Nissan R390 GT1. Restaurata da Chiavenuto Prototipi di Mongrando con la Carrozzeria Crestani di Valle Mosso è l’ unica ex Le Mans targata per andare su strada.
Se in Italia la gara di endurance più nota al mondo è relativamente sentita, in molti altri Paesi questo evento è motivo di transumanza per appassionati di motori che la attendono con un entusiasmo che va oltre lo sport inteso come competizione. Circa 350 mila spettatori ogni anno si muovono da varie parti del mondo verso il circuito francese di La Sarthe per assistere a quello che non è solo un momento di dura, pericolosa ed estrema competizione tra piloti e Case costruttrici, ma è anche un grande show con eventi collaterali.
Ad ogni edizione la stampa specializzata cerca tra i piloti alla 24 Ore il più giovane, il più vecchio, il più famoso, il più bello, il più brutto, il più tutto... Alcuni di essi poi tornano nell'oblio, qualcuno rimarrà nella storia, qualcuno avrà dei rimpianti, qualcuno riesce a restaurare una delle auto con cui corse per farci qualche giro. E per quest'ultimo individuo, quella è una vittoria.
Sfatiamo subito la leggenda secondo la quale io sarei la causa per la cui Erik non partecipa più ai rally. Nessuna donna ha questo potere. Mio marito ha semplicemente valutato che l'ammissione di alcuni veicoli “fortemente elaborati” abbia fatto perdere, nella realtà, l'aggettivo “storico” a talune competizioni rallistiche.
La carriera di Erik nel GT, iniziata nel 1995 dopo quattro anni di F1, è stata lunga e costellata di successi: vinse due titoli nipponici e partecipò alla 24 Ore di Le Mans sfiorando con il team Pescarolo Sport la vittoria nel 2005.
L'unica volta in cui ho sentito pronunciare la parola “paura” a mio marito fu proprio parlando della sua prima partecipazione alla 24 Ore. “Era il 1995 ed io risposi presente all'invito del Team Larbre Competiton che aveva appena arruolato la nuova Porsche 911 RSR GT1. Condividevo il volante con Jean Pierre Jarier e Jesus Pareja e mi approcciavo al circuito e a quella macchina per la prima volta in assoluto. Le qualifiche del primo giorno furono interrotte da un guasto al motore ed io non toccai nemmeno la macchina. Al giovedì i miei due copiloti mi lasciarono il sedile tra le ore 23 e la mezzanotte. La pioggia non mancò all'appuntamento, la Porsche aveva i soli fari originali di dotazione, l'oscurità era totale ed io sedevo su quell'auto a 300 km/h per la prima volta nella mia vita chiedendomi perchè mai avessi accettato quella sfida che in quel momento mi parve molto più pericolosa dei miei quattro anni passati in Formula 1 con auto obsolete e le spalle fuori. Il sabato di gara, dopo il battesimo di fuoco del giovedì, una volta presa familiarità con l'auto tutto mi sembrò talmente facile...
Nonostante la pioggia, eravamo i più veloci in pista grazie all'incredibile motricità della 911 con il suo motore a sbalzo. Stavamo navigando al 4° posto assoluto, ben davanti alla McLaren che ha poi vinto la gara, quando Pareja uscì violentemente di pista. Avrei potuto essere vincitore di Le Mans al mio debutto con una 911 e oggi sarei ancora un ambasciatore Porsche”. Continua Comas: “È stata proprio questa mia prima prestazione ad indurre Nissan a strapparmi alla Toyota sia per il GT che per le 24 Ore di Le Mans dal 1997 al 1999. La bellezza e le linee della R390 GT1 mi hanno convinto subito a fare il passo e sono stati tre fantastici anni di sperimentazione e sviluppo. Sono l'unico pilota Nissan ad aver fatto l'intero programma triennale percorrendo, credo, circa 30.000 km con la R390. È stato un periodo assolutamente magico che ho vissuto tra la California per scelta, l'Europa per i test di Le Mans ed il Giappone per i test e il campionato GT che ho vinto due volte, nel 1998 e l’anno dopo”.
Ricorda l’ex pilota di Larrousse e Ligier in F1: “A Le Mans '97 la R390 era la più veloce ma poco affidabile, chiudemmo infatti al dodicesimo posto dopo due sostituzioni del cambio. Nel 1998, dopo 4 simulazioni da trenta ore su varie piste, la macchina non incontrava più difetti: l'evidenza fu che delle 4 vetture al via, tutte tagliarono il traguardo. Una personale ed ardita interpretazione del regolamento da parte delle altre Case costruttrici, lontana dallo spirito GT1, ci aveva in realtà fatto superare nelle prestazioni. Tuttavia, il terzo gradino del podio della Nissan R390 numero 32 alle spalle delle due Porsche è stato un grande successo in Giappone perché, per l'unica volta nella storia, a bordo c'erano tre piloti giapponesi. Erano più lenti della mia vettura numero 31 (6° posto) e della numero 30 (5° posto) ma non hanno commesso errori a differenza del mio compagno di squadra Andrea Montermini che ha urtato una macchina all'alba cosa che ha reso necessario un intervento tecnico pesante e ci ha fatto mancare il podio”.
L’anno dopo arriva uno stop: “Nel 1999 a Le Mans, per la prima volta nella mia vita, ho guidato un prototipo, la R391 che purtroppo si ritirò a causa del motore mentre ci trovavamo al quarto posto. Con essa ho però vinto l'ultima corsa del ventesimo secolo: la 1000 Km del Fuji. Nel 2000 quest'auto divenne molto performante ma Carlos Ghosn - all’epoca Amministratore delegato Nissan - decise di tagliare il programma sportivo offrendo così una prima vittoria facile all'Audi. Fu solo nel 2002 che ripresi la strada per Le Mans dopo un anno di pausa per guidare l'Oreca Judd V10, di nuovo un prototipo e non facile da guidare ma molto performante con il quale terminammo al quinto posto. Nel 2004 fu Pescarolo Sport che mi offrì un volante sempre con il famoso Judd V10 derivato dal motore Yamaha F1 e finimmo quarti”.
Il risultato migliore a Le Mans arrivò nel 2005 con la squadra francese: “Quell’anno, incredibilmente, il regolamento ci avvantaggiò e noi partimmo dalla pole position con la Pescarolo Judd. Ero alla guida ed ero in testa quando il cambio sequenziale si bloccò ed io dovetti pazientare lunghi ed interminabili minuti ai box perdendo quattro giri. Da quel momento inanellammo un record di giro dopo l'altro e finimmo secondi. Secondi! Un rimorso eterno a causa di un pezzo meccanico mal fabbricato da un fornitore che valeva pochi euro. Esistono parole per spiegare un tale rimpianto? Nel 2006, ancora con Pescarolo Sport, il regolamento ci fu meno favorevole e chiudemmo al quarto posto”.
“Nelle otto partecipazioni alla 24 Ore di La Mans di cui ho raccontato, ho sovente accarezzato il podio. Se molte sono le variabili che condizionano il motorsport in generale, a Le Mans si moltiplicano poiché oltre alla meccanica, hai dei compagni dei squadra, la notte, le condizioni estreme. Posso davvero andare fiero di avere guidato in tutte le edizioni al limite, di giorno come di notte, senza avere mai commesso un errore che avrebbe compromesso il mio equipaggio” conclude mio marito.
Quella che vi ho raccontato è una storia, prima di ogni altra cosa, di sport, di duro lavoro, di sudore e di passione. La stessa passione e sudore che vi hanno messo i biellesi che hanno collaborato a questo progetto di restauro della R390 GT1.
Il filmato sarà online su www.instragram/r390gt1/ dal 28 giugno .
Raffaella Serra Comas












