Chi, a Biella, non conosce "il Giangi"? Sì, il tatuatore, "Giangi Mano Libera". Nella fascia d'età compresa tra i 20 e i 55/60 anni, penso che siano davvero pochi a non conoscerlo. Ebbene, quest'anno il Giangi, al secolo Gianluca Lanza, compie 20 anni di attività. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando, correva il 1996, ha aperto il suo primo studio con riscaldamento a legna in via Rosazza, a Chiavazza.
Newsbiella lo ha incontrato per ripercorre le tappe della sua storia professionale che, inevitabilmente, si intrecciano con le tappe della storia del tatuaggio nel Biellese e in Italia.
Come è cambiata la sua attività in questi ultimi vent'anni?
Per quanto riguarda i biellesi, in questi ultimi vent'anni, il tatuaggio ha fatto registrare una crescita molto positiva. Nel 1996, quando ho aperto, eravamo due studi, tre al massimo, oggi ce ne sono 16 nell'intero comprensorio biellese. Questo è anche dovuto alla crisi: chiudendo le fabbriche ci si è dovuti inventare un'altra attività. Questo dato indica comunque che, dal punto di vista sociologico, il tatuaggio è passato dall'essere considerato come qualcosa che apparteneva solo ad una certa categoria di persone, per lo più malfamate, ad essere visto, e mi dispiace dirlo, come una moda.
Oggi tutti hanno sono in pochi a non avere un tatuaggio...
E' vero e penso che non possa che essere così: infondo basta accendere la TV per vedere calciatori, soubrette, attrici e chi più ne ha più ne metta con il corpo disseminato di tattoo. Diciamo che si è allargata la forbice, nel senso che all'inizio il tatuaggio era per gli estremi della società: c'erano gli estremamente poveri, delinquenti, galeotti e marinai e, dall'altra parte gli estremamente ricchi. C'è un'acquaforte del Duca di York che risale all'ottocento in cui lui si sta facendo tatuare da un aborigeno. Questo capitava perché nessuna delle due categorie di persone aveva nulla da perdere.
Quali sono oggi le tendenze in fatto di tatuaggi?
Ora come ora, il tattoo che va per la maggiore è quello hipster che riprende la moda anni '40. Di sicuro, non capita più quello che è capitato a me quando ho aperto il mio primo studio a Chiavazza, in via Rosazza: alcune persone anziane, vedendo le foto dei tatuaggi, chiesero al panettiere di fronte se da me si facessero le messe nere... La tendenza è cambiata anche grazie a personaggi come me e Igor che siamo stati un po' i pionieri in questo settore: io sono stato bravo nel marketing, cioè a vendere la figura del tatuatore come di una persona normale, addirittura diplomata, a cui piace disegnare e lo fa su delle tele particolari; Igor, pur essendo un metallaro di quelli tosti, è una persona normalissima. Basta scambiarci quattro chiacchiere per capirlo. Incredibilmente il biellese, nell'ambito del tatuaggio, si è aperto. Poi, sempre a modo suo... Perché dopo un po' la gente inizia a sparlare senza sapere bene cosa dice, tipo: “No, occhio che a quello trema la mano”, cose del genere.
Che rapporti ha con i suoi colleghi?
Quelli che io considero veri tatuatori, cioè il sottoscritto, Igor e Roberta Bonda sono professionisti che tra loro vanno d'amore e d'accordo. Con questo non voglio dire che gli altri non siano dei bravi tatuatori, ma l'esperienza in questo campo è davvero fondamentale.
Per il piercing vale più o meno lo stesso discorso?
Non proprio. Il piercing ha avuto meno successo perché forse è una tecnica meno bella, meno appagante e più di nicchia: se noi parliamo di arte, l'arte figurativa viene accettata un po' da tutti, mentre quella astratta deve essere capita, quindi io il piercing lo paragono all'arte astratta. Poi magari, ad un certo punto, esce la pubblicità di una nota marca di alcolici in cui si vede Naomi Campbell che ha il piercing all'ombelico e per un po' si assiste ad un fenomeno di esplosione. Penso che sia questione di una generazione. Adesso c'è ancora un po' di discriminazione ma una volta che la generazione dei miei genitori lascerà spazio alla mia nessuno ci farà più caso.
Cosa c'è dietro ad un tatuaggio?
Nel tatuaggio occidentale la motivazione è sempre estetica, anche se vuoi dare un messaggio che per te è più profondo. E' vero infatti che dietro al tatuaggio ci sono spesso degli spaccati di vita incredibili. La cosa più importante per chi fa il mio lavoro è il rapporto che si crea con le persone: su quel lettino sono passate persone che mi hanno raccontato storie che un barbiere, tanto per fare un esempio, non conoscerà mai; è una questione di fiducia immediata e totale nei confronti di una persona che nemmeno conosci ma alla quale affidi la tua pelle. Tu vieni da me a farti tatuare e io stesso sono tatuato, quindi tu sai che il giudizio non mi appartiene. Ci sono persone che ti raccontano tutto e persone che non ti raccontano quasi nulla, ma è fondamentale che io sappia stare al mio posto; poi è anche vero che dopo vent'anni di esperienza riesco ad interpretare il tatuaggio e a capire il carattere di quella determinata persona.
C'è tra tutti i tatuaggi che ha eseguito in vent'anni quello che reputa il suo capolavoro?
Sto finendo il terzo corpo completamente tatuato della mia storia professionale e quello, dal punto di vista artistico, è il massimo. Ma credo che si possa sempre fare di meglio. Io non sono monotematico, mi piace cambiare altrimenti mi annoierei. Ho vinto 4 premi tutti con i tribali ma non mi piace considerarmi uno specialista del tribale. Quando mi chiedono quale sia il mio genere preferisco rispondere dicendo quale non è il mio genere: e non lo è il “realistico a colori”.
Per quale motivo?
Non mi ritengo in grado di essere così bravo nell'uso del colore da poter riprodurre una fotografia in modo quasi realistico.
Una richiesta che l'ha particolarmente colpita?
Una richiesta che mi ha colpito è stata quella della casetta del “Mulino Bianco”. Un'altra si è fatta tatuare un sogno veramente molto complesso. Un ragazzino, accompagnato dai genitori, ha voluto un tatuaggio sullo “sballo”.
Ci sono parti del corpo su cui non lavora?
Per mia scelta personale non tatuo mani, piedi, testa, faccia e collo tutto ciò che esce da un abito perché li ritengo posti sacri. Unica eccezione nel caso di "pigiama", cioè di corpo completo, quello di cui parlavo prima. Per il resto ho tatuato un po' dappertutto, come all'interno del labbro; parti intime maschili e femminili. In teoria dovunque c'è pelle si può tatuare.
Quali sono le nuove tendenze?
Adesso stanno prendendo piede i microdermal, una piastrina sottocutanea su cui puoi montare un brillantino. Una volta era necessario un passante, adesso ti fanno una specie di asola. Siamo degli artisti, noi italiani. Anche se siamo partiti tardi rispetto ad altri Paesi, noi respiriamo arte in questo Paese, per cui in tutti i settori che in qualche modo abbiano a che fare con l'arte, prima o poi, iniziamo ad eccellere.
A cosa si deve fare attenzione quando si entra in uno studio?
Beh, di solito si tende a demonizzare o sottovalutare il tatuaggio e io vorrei che le persone facessero attenzione a cosa aspettarsi di trovare in uno studio: 1) aghi e tubi sigillati e sterili 2) colori versati in tappini nuovi e sigillati 3) macchinette, bottigliette e cavi preservati con delle bustine di plastica.





