«Solo in un contesto di ascolto il dolore può essere compreso, elaborato e trasformato in un percorso di crescita personale.»
«La psicologia osserva e comprende, la psicoterapia cura e trasforma.»
In un mondo in continua trasformazione, dove le relazioni e gli equilibri interiori sembrano sempre più fragili, la psicologia rappresenta un faro di consapevolezza e crescita personale. Ne parliamo con la Dott.ssa Simona Ramella Paia, psicologa e psicoterapeuta biellese che da anni mette la propria esperienza al servizio del benessere individuale e collettivo, attraverso la pratica clinica, la ricerca e la formazione.
Laureata all’Università di Padova, si è specializzata in sessuologia a Bologna, in psicoterapia a Torino e in psicoterapia integrativa a Roma. Dal 1996 è consulente del Tribunale e, nel 2018, ha ottenuto a Londra il più alto riconoscimento nel suo ambito, diventando Didatta e Supervisore in psicoterapia a livello internazionale. Insegna in diverse scuole di specializzazione, collabora con colleghi di tutta Italia e promuove la cultura psicologica con progetti dedicati alla prevenzione della violenza e alla divulgazione scientifica. Nel 2014, insieme ad altri 9 psicologi e psicoterapeuti, ha fondato PAVIOL Percorsi anti-violenza, associazione che si concentra sul trattamento e prevenzione della violenza di genere.
Oggi vive e lavora a Biella, è sposata e ha una figlia che studia giurisprudenza. Quando non è immersa tra libri e incontri, ama viaggiare con la sua famiglia, frequentare il teatro e coltivare la passione per la danza: dimensioni che considera parte integrante della sua visione umana e professionale.
Dottoressa Ramella Paia, partiamo dalle basi: cosa significa oggi “psicologia moderna”? Cosa è cambiato rispetto al passato? E qual è la differenza tra psicologia e psicoterapia?
«La psicologia è una scienza relativamente recente, eppure esistono ancora persone che dichiarano di “non crederci”, esprimendo perplessità su ciò che non conoscono o di cui diffidano. Mi colpisce sempre questa affermazione, perché spesso chi la pronuncia non sa quante pubblicazioni scientifiche escono ogni anno, a conferma di teorie sempre più solide ed elaborate.
La psicologia studia il comportamento umano e le emozioni, mentre la psicoterapia è una teoria della mente che aiuta le persone a risolvere difficoltà e problemi esistenziali. La psicologia osserva e comprende, la psicoterapia cura e trasforma.»
Negli ultimi anni assistiamo a un aumento della fragilità emotiva, che si riflette nelle famiglie e nei rapporti sociali. Che ruolo può avere lo psicologo in questo contesto?
«È proprio questa fragilità il cuore del lavoro di ogni psicologo e psicoterapeuta. Offrire spazi professionali di ascolto e accoglienza del dolore esistenziale rappresenta, a mio avviso, l’unica via di uscita per una società segnata da ferite profonde.
Solo in un contesto di ascolto il dolore può essere compreso, elaborato e trasformato in un percorso di crescita personale.»
Ora affrontiamo un tema drammaticamente attuale: la violenza sulle donne. Quali sono, secondo lei, le radici di questo male?
«La violenza nei confronti delle donne è un fenomeno, purtroppo, molto diffuso. Chi lavora in questo ambito lo verifica quotidianamente, spesso attraverso i numeri dei femminicidi, che sono soltanto la parte più visibile di un problema molto più ampio.
La violenza di genere colpisce intere famiglie, resta spesso sommersa e si interrompe solo grazie a un processo di consapevolezza che porta la donna a riconoscere che ciò che ha sempre subito non è più accettabile. Quando capisce che esiste un’alternativa e che può essere aiutata, avviene un vero cambiamento.
La psicoterapia è oggi il metodo più efficace per prevenire la violenza, perché agisce sulla dimensione psichica, senza la quale ogni intervento rischia di essere inefficace.»
Si tratta, a suo avviso, di un problema di educazione o di cultura?
«L’agito violento affonda le sue radici in una cultura di dominio e supremazia maschile. Ma una parte di responsabilità è anche delle donne, delle madri che per generazioni hanno cresciuto i figli maschi in modo diverso rispetto alle figlie femmine.
La cultura che distingue e classifica il maschile e il femminile è ormai obsoleta: le nuove generazioni non la accettano più. Io credo molto nei giovani: li ascolto, a volte non li comprendo subito, ma cerco sempre di farlo.
Da diversi anni collaboro con una ventina di giovani colleghi che stimo e sostengo nel loro percorso professionale. Sono convinta che viviamo un momento di grande trasformazione e dico sempre loro di non scendere da questo treno, perché li porterà molto più avanti di noi. Insegno in due scuole di psicoterapia da oltre venticinque anni e sono ancora affascinata dalle nuove idee e dai nuovi progetti che nascono.»
Il suo libro sulla sessualità ha avuto riscontri importanti anche all’estero. Da dove nasce l’idea e qual è il messaggio centrale?
«Il libro è un manuale pensato per gli addetti ai lavori, scritto insieme a due colleghe esperte di sessualità, con l’obiettivo di rendere più agevole la trattazione del tema all’interno della stanza della terapia.
È stato pubblicato in italiano, inglese e francese e sta riscuotendo un buon successo anche all’estero. Abbiamo tenuto diversi seminari in Francia e siamo state contattate da Polonia, India e Stati Uniti.
Scriverlo è stata un’esperienza impegnativa ma intensa: richiede tempo, concentrazione e dedizione. Spesso scrivevo di notte, ma ne è valsa la pena. L’idea centrale è che la sessualità rappresenta l’espressione del nostro copione psicologico e affonda le sue radici nelle prime esperienze infantili.»
Sappiamo che ha molti progetti in corso. Cosa possiamo aspettarci in futuro?
«Sto scrivendo un libro sulla femminilità moderna, che raccoglie molti dei miei interessi come psicoterapeuta. Parlerò di leadership, di copioni familiari, di violenza e di rinascita.
A breve sarò impegnata in un progetto nazionale di ricerca per la valutazione di manuali dedicati agli psicoterapeuti e sto lavorando alla stesura di un progetto comunitario innovativo.
Non mi annoio mai: credo profondamente che la psicologia non sia un lusso, ma una necessità. È l’antidoto più concreto al malessere sociale del nostro tempo.»