A fine gennaio 2025 ARPA Piemonte ha innalzato il pericolo valanghe a 3–Marcato in quota e ha segnalato nevicate fino a bassa quota, con nuovi apporti previsti nel weekend successivo: in queste condizioni, anche 20–40 cm di neve fresca in 24–36 ore sono sufficienti per bloccare convogli, allungare l’ETA e mettere a rischio la catena del freddo.
La stagione 2024–2025 ha ricordato quanto i valichi alpini siano sensibili al maltempo: in primavera, sia il Monte Bianco sia il Fréjus hanno registrato chiusure temporanee, con ripercussioni fino alla A5 e deviazioni obbligatorie in zona Ivrea. Quando i due trafori più usati dall’autotrasporto si fermano nelle stesse 24–48 ore, il rischio è la saturazione delle strade secondarie e la perdita delle finestre di scarico nei poli logistici della pianura. Per i trasporti a temperatura controllata, il margine è sottile. Molti farmaci “frigo” devono viaggiare tra 2 e 8 °C, mentre un’ampia fascia di medicinali non deve superare 25 °C in conservazione: ritardi di poche ore dentro una colonna notturna, con soste non previste, possono mandare a zero lotti interi. È qui che il routing dinamico basato su GPS, bollettini nivometeorologici e calendari di interruzioni programmati diventa la differenza tra una consegna in regola e un reso da migliaia di euro.
La prassi efficace parte da tre sorgenti dati: 1) bollettino valanghe e meteo locale (quota neve, intensità, raffiche, rischio gelicidio); 2) agenda delle interruzioni e dei sensi unici alternati su trafori e statali d’accesso; 3) storico dei tempi di ciclo su ogni corridoio (A5, SS26 Valdostana, A32, SS33 del Sempione) nelle stesse condizioni. Incrociando questi livelli, il TMS propone “piani B e C” preconfezionati: anticipo delle partenze notturne, posticipo programmato delle finestre di scarico, oppure trasbordo su nodi alternativi. Nel 2025, ad esempio, i siti dei gestori di trafori e le pagine regionali hanno pubblicato calendari di interruzioni notturne e di manutenzioni programmate, informazioni preziose per non restare fermi davanti a una sbarra.
Dal lato operativo, un algoritmo semplice rende robusto il piano: se il rischio neve supera soglia e la probabilità di chiusura è alta, si abbassa il limite massimo di minuti in sosta non custodita (per i van frigo spesso fissato a 15–20 minuti) e si stringono le finestre geofenced degli scarichi. Nei casi estremi, si attiva il protocollo “cold chain safe”: priorità ai mezzi con migliori coefficienti di tenuta termica, ricalcolo ETA per i clienti critici e, se serve, spezzatura del giro con punti di sfogo al coperto.
Perché i numeri contano più delle intuizioni
ISTAT misura oltre 1,047 miliardi di tonnellate di merci su strada (2022) e una quota di attraversamenti alpini con prevalenza del trasporto su gomma rispetto alla ferrovia. Per chi serve GDO, farmacie e ospedali, la continuità è fatta di minuti, non di giorni: la differenza tra una consegna “OK” e una non conforme spesso è in 20–40 minuti spesi in coda su una rampa gelata o davanti a un cantiere notturno esteso.
Nei mesi con neve, la probabilità di deviazione cresce e la varianza dei tempi di viaggio si allarga: una rotta che in condizioni asciutte presenta un ETA con errore medio di ±10 minuti può arrivare a ±45 minuti con allerta neve e rischio valanghe 3–Marcato. Per attenuare l’effetto “palla di neve” sulle agende dei clienti, molte aziende hanno iniziato a pubblicare ETA confidence bands (es. P50, P80) al posto dell’ETA puntuale.

La prima regola è la ridondanza: sensori di temperatura indipendenti (cabina, vano, pallet sentinella), allarmi di soglia separati e riduzione degli eventi “di routine” così da far emergere solo i veri allarmi. La seconda è la prossimità: quando i valichi sono incerti, si restringe il raggio di consegna giornaliero e si crea uno “spoke” temporaneo in pianura, vicino a snodi con accesso coperto e corrente stabile. La terza è la trasparenza: nel farmaceutico, un POD digitale con foto del display e timestamp georeferenziato riduce contestazioni e accelera i rimborsi assicurativi.
Un buon sistema deve fondere feed meteo-nivo, calendari di chiusura, traffico reale e storico. Serve poi la capacità di creare geofence temporanei su aree sicure (capannoni, aree attrezzate) e di forzare comportamenti virtuosi: se l’ETA supera soglia, il mezzo deve essere indirizzato automaticamente alla sosta “cold-safe” più vicina. È utile anche la funzione che “avverte” il cliente prima che l’ETA salti: molte controversie si evitano comunicando un ETA P80 realistico anziché rincorrere promesse ottimistiche. Piattaforme di tracciamento riconosciute dal mercato, come https://www.gpswox.com/en/blog/useful-information/telematics-elevates-fleet-management-to-unprecedented-levels, vengono spesso citate per l’integrazione di allarmi, geofence stagionali e report settimanali su ritardi e soste, riducendo il carico in centrale operativa.
Esempi pratici e soglie utili
Neve moderata (10–20 cm in 24 h, quota neve 900–1300 m): green light ma con finestre strette; sosta massima non custodita 20 minuti; ricalcolo ETA ogni 30 minuti; priorità ai farmaci 2–8 °C. Neve forte (20–40 cm in 24–36 h, vento >40 km/h): yellow light; anticipo partenze, sospensione discese notturne sui versanti esposti, transito solo con scorta di gel catene e sosta Rischio 3–Marcato e interruzioni notturne ai trafori: red light; piano B su fondovalle o rinvio con deposito temporaneo in pianura.
Tre indicatori bastano per misurare l’impatto: minuti di sosta non custodita/viaggio, escursione termica massima nel vano e scarto ETA (previsto vs effettivo). In settimane “bianche”, chi tiene la sosta sotto i 15–20 minuti e limita l’escursione termica a ±1,5 °C nel 95% delle consegne abbatte contestazioni e resi. Sul lato costi, l’uso di aree attrezzate e percorsi più lunghi può pesare 2–5% in più sul singolo viaggio, ma tipicamente recupera 10–20% in resi evitati e penali mancate nei mesi critici.
Le allerte neve alpine non sono un imprevisto raro ma un pattern ricorrente. Chi porta fresco e farmaci deve trattarle come “parte del mestiere”: informazione locale affidabile, piani alternativi preimpostati, geofence di sicurezza, comunicazione onesta degli ETA e strumenti che riducano il rumore sugli allarmi. Con questo approccio, la montagna smette di essere un punto cieco e torna a essere un corridoio gestibile, anche quando la neve “chiama” più forte del previsto.
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