Running e Trail - 12 settembre 2025, 09:36

Tra vette e silenzi, Enrico Correale al Tor330: "Il 30% è di gambe e il 70% di testa"

Un racconto di allenamenti, sfide mentali e di una grande passione: la montagna

Tra vette e silenzi, Enrico Correale al Tor330: "Il 30% è di gambe e il 70% di testa"

Quanti anni ha e da quanto tempo corre in montagna?
Ho 55 anni e ho iniziato a correre in montagna dieci anni fa, dopo aver giocato per tanto tempo a pallacanestro. Ho sempre avuto la passione per l’ambiente montano, scio, ho fatto trekking e vie ferrate. Quindi, ho pensato anche di dedicarmi alla corsa. Inizialmente, ho partecipato a trail corti, fino a lunghezze di 100 km. Nel 2019, ho preso parte al mio primo Tor de Géants.

Ha partecipato altre volte, oltre all’edizione del 2019?
Sì, a quella del 2023 e del 2024. Quest’anno, sarà la terza di fila.
Ogni edizione del Tor è diversa. Anche se conosci il percorso, basta che cambi il meteo o che tu stesso non sia quello dell’anno scorso, magari più stanco o anche più allenato. L’unico aspetto comune è questo grande viaggio che prima di tutto fai con te stesso. Ti trovi da solo in montagna, di notte, in alta quota e hai un sacco di pensieri, che quotidianamente non ci sono.

In una gara come il Tor, è più importante la mente o il corpo?
E’ 30% di gambe e 70% di testa. Il problema è che si tratta di una gara talmente lunga che la distanza non è allenabile. Ti puoi preparare su percorsi che vannoagli dagli 80 o ai 100 km, ma non oltre. Per questo, può capitare che le gambe cedano e non ce la fai più. Da lì in poi, bisogna proseguire con la testa e con il cuore, perché desideri con tutto te stesso di arrivare fino in fondo. 
L’ambiente naturale della montagna è talmente meraviglioso, che trovi dentro di te la forza di andare avanti.

A tal proposito come si sta preparando in questi ultimi giorni?
Mi alleno pochissimo. Ho imparato che al Tor si deve arrivare allenati, ma anche riposati. Talvolta, la preparazione può sortire l’effetto contrario. Non bisogna arrivare sottopressione. Cerco di dormire il più possibile e nutrirmi nel modo migliore.

Il Tor rappresenterà una sfida con se stessi?
Il Tor è una sfida con se stessi. Io non ho ambizioni di piazzamenti importanti: partecipo per un piacere di stare con me stesso e con la montagna. Il Tor è una gara, alla quale tutti vorrebbero partecipare, perché è un evento incredibile: trovi migliaia di volontari ad ogni ora del giorno e della notte, oppure i bambini che ti battono il cinque mentre passi davanti a loro. E’ un viaggio meraviglioso.

L’allenamento in montagna è determinante?
E’ fondamentale e costituisce il 95% dell’allenamento. Bisogna stare tante ore in montagna, perché il Tor ha un dislivello positivo di 25.000 metri ed è per questo che è la gara più dura.

Erika Festa Rovera