Non è solo “avere troppo da fare”: entra in gioco l’interazione fra carico di lavoro, grado di controllo percepito, supporto (colleghi, leadership), equità nelle ricompense e fattori personali (storia clinica, coping, sonno). A livello biologico coinvolge l’asse ipotalamo–ipofisi–surrene (HPA), con rilascio di cortisolo e attivazione simpaticotonica; a livello psicologico può manifestarsi con irritabilità, ruminazione, difficoltà attentive e di memoria di lavoro; a livello comportamentale con procrastinazione, errori, scarsa aderenza alle pause.
Stress, burnout o disturbo d’ansia?
È utile distinguere tra:
• Stress acuto: reazione situazionale (scadenza imminente) che si risolve con il ripristino dell’equilibrio.
• Stress cronico: persistenza di richieste/criticità che supera le finestre di recupero, con “carico allostatico” elevato (fatica, somatizzazioni, insonnia).
• Burnout (fenomeno professionale): esaurimento emotivo, depersonalizzazione/cinismo e ridotta efficacia personale, tipico di lavori ad alta domanda relazionale.
• Disturbi clinici: quando compaiono criteri per disturbo d’ansia, dell’umore o dell’adattamento, con compromissione significativa del funzionamento.
La linea di confine è data dalla durata, intensità e impatto sul funzionamento quotidiano. Molti professionisti oscillano tra fasi di sovraccarico e recupero; il problema sorge quando il recupero non avviene o compaiono pattern rigidi di evitamento.
Segnali precoci da non ignorare
• Cognitivi: difficoltà di concentrazione, errori “banali”, senso costante di urgenza, ruminazione serale.
• Emotivi: irritabilità, apatia o cinismo, iperansia anticipatoria prima di riunioni o email critiche.
• Somatici: cefalea tensiva, disturbi gastrointestinali, tachicardia, tensioni muscolari, insonnia di mantenimento.
• Comportamentali: iperconnessione (controllo ossessivo della posta), isolamento, aumento di caffeina/alcol, assenze o presenteismo improduttivo.
• Relazionali/organizzativi: conflitti crescenti, calo della qualità, rinvii sistematici, difficoltà a dire “no”.
Quando ha senso rivolgersi allo psicologo
Di seguito criteri operativi che giustificano una valutazione psicologica:
1. Persistenza > 3–4 settimane di ansia, irritabilità o insonnia nonostante tentativi di igiene del sonno e pause strutturate.
2. Impatto funzionale: calo di performance, errori ripetuti, evitamenti (rinviare presentazioni, riunioni, consegne).
3. Somatizzazioni ricorrenti senza causa organica chiarita (dopo consulto medico).
4. Coping disfunzionale: aumento di alcol, ansiolitici senza supervisione, gaming/scrolling compulsivo fino a notte.
5. Crisi acute: attacchi di panico, pianto incontrollato in ufficio, aggressività inusuale.
6. Comorbilità: storia di ansia/depressione; lutti, cambiamenti importanti, carichi di cura familiari.
Lo psicologo effettua assessment strutturato (colloquio clinico, scale come PSS-10 per stress percepito, HADS per ansia/depressione, MBI per burnout), analizza fattori di mantenimento (domanda–controllo–supporto, squilibrio sforzo/ricompensa), formula obiettivi e propone un piano basato su prove.
Come aiuta, concretamente, lo psicologo
Gli interventi più efficaci integrano:
• Psicoeducazione su stress, ciclo sonno–veglia, carico allostatico e segnali corporei.
• CBT e ACT: ristrutturazione di pensieri catastrofici e perfezionismo, training attentivo, azioni guidate dai valori per uscire dall’evitamento.
• Problem-Solving Therapy: definizione problemi, brainstorming, scelta e implementazione della soluzione, revisione degli esiti.
• Interventi sul sonno (CBT-I): routine circadiana, controllo stimoli, restrizione del sonno se indicata.
• Regolazione fisiologica: respirazione 4–6, rilassamento muscolare progressivo, biofeedback quando disponibile.
• Ergonomia del lavoro: timeboxing, batch di email, riunioni con agenda/decisione, limiti digitali, micro-pause somatiche.
• Interfaccia organizzativa (se pertinente): coaching manageriale su carichi, priorità, feedback e cultura del recupero.
Se riconosci diversi segnali descritti e desideri ottenere una valutazione professionale in tempi rapidi, puoi prenotare un consulto presso l'Istituto Gam-Medical per definire un percorso personalizzato e, se necessario, lavorare in rete con il medico curante o lo psichiatra.
Cosa aspettarsi dal percorso
Nelle prime 1–2 sedute si costruisce la formulazione del caso: mappa dei fattori predisponenti (storia, tratti), precipitanti (evento critico), perpetuanti (abitudini, contesto), protettivi (risorse, relazioni). Vengono concordati indicatori di esito: ad esempio minuti di addormentamento, numero di riunioni evitate, scala soggettiva di tensione pre/post giornata, ore di lavoro serali.
Il trattamento tipico dura 6–12 incontri (settimanali o quindicinali), con compiti tra le sedute (esercizi di esposizione a e-mail “difficili”, ristrutturazione credenze su errore/controllo, protocollo di rilassamento). Il follow-up mensile aiuta a consolidare e prevenire ricadute.
Quando serve un invio medico
Lo psicologo segnala l’opportunità di consulto psichiatrico o medico quando emergono:
• Ideazione suicidaria, marcata perdita di funzionamento o sintomi depressivi severi.
• Attacchi di panico frequenti con evitamenti estesi.
• Disturbi del sonno refrattari con forte impatto diurno.
• Quadri somatici che richiedono esami/terapie specifiche.
In un’ottica integrata, la combinazione di psicoterapia + eventuale terapia farmacologica + interventi organizzativi spesso produce il miglior esito.
Come prepararsi al primo incontro
Porta una breve timeline degli ultimi 2–3 mesi (eventi, picchi di lavoro, sintomi), farmaci e caffè/alcol medi, orari di sonno, esempi concreti di situazioni difficili. Definisci 2–3 obiettivi misurabili (“ridurre le email serali da 50 a 10/settimana”, “addormentamento sotto 30 minuti”, “partecipare a tutte le riunioni del team per un mese”). Questo accelera la personalizzazione del piano.
Messaggio finale
Rivolgersi allo psicologo non è un fallimento ma una forma di prevenzione secondaria: intervenire presto riduce il rischio di cronicizzare lo stress e di evolvere verso disturbi d’ansia/depressivi o burnout. Se riconosci segnali di sovraccarico, chiedere un confronto specialistico è il primo passo per ripristinare un lavoro sostenibile, in cui performance e salute non siano opposti ma parti dello stesso sistema.
Nota: il testo ha finalità informative e non sostituisce una valutazione clinica. In presenza di sintomi severi o pensieri autolesivi, contatta i servizi di emergenza o il tuo medico.