Recentemente, a Roma, si è consumata l’ennesima farsa da parte dell’agenzia delle entrate nei confronti di professionisti e contribuenti: L’amministrazione finanziaria, interpellata sul rinvio per causa di forza maggiore degli adempimenti, per conto dei propri clienti, di uno studio professionale costretto alla quarantena a causa della pandemia, ha risposto seccamente che, se lo studio era chiuso per pandemia, non necessariamente lo erano i clienti dello stesso, per i quali dunque non sarebbe intervenuto nessun rinvio degli adempimenti, in quanto avrebbero potuto tranquillamente farli da sé.
Ora, senza entrare nel merito della natura degli adempimenti, devastantemente complicati (in Italia, si intende...), a causa di un ordinamento tributario demenziale, per un cittadino medio, si può osservare come l’ottusità nel modo di ragionare di alcuni alti burocrati non faccia altro che continuare a danneggiare il tessuto economico e sociale di un Paese profondamente provato dalla crisi economica prima, dalla pandemia ora e purtroppo da un’altra crisi economica che rischia di sopraggiungere.
In uno Stato di diritto l’Amministrazione finanziaria, in caso di pandemia e di quarantena di uno studio professionale, rinvierebbe ad hoc gli adempimenti per causa di forza maggiore. Poiché tuttavia in Italia questo concetto è una tragica utopia, in questo indecoroso tramonto del diritto e della ragione, assistiamo ogni giorno al degrado burocratico che tutto asfissia.
Prima ancora dei legulei pontificanti servirebbero legislatori raziocinanti, prima ancora di una legalità (falso)moralistica servirebbero leggi dalla qualità inappuntabile. Era legalità anche il disgustoso rispetto delle odiose leggi razziali: la legalità, se la legge è cattiva, diviene un concetto vuoto e distorto. Ma per fare norme buone, servono teste buone; all’orizzonte, malauguratamente, se ne scorgono assai poche...