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AL DIRETTORE | 07 ottobre 2020, 16:16

"La banalità del male", un parente delle vittime del crematorio ci scrive

"La banalità del male", un parente delle vittime del crematorio ci scrive

In cinque anni ci sono esattamente 1825 giorni, 43800 ore e 2.628.000 minuti.

Che valore temporale possiamo assegnare per ciascuna delle vittime della barbarie consumata nel forno crematorio gestito dai Ravetti? Pensando alle immagini inequivocabili delle videocamere nelle quali quelle vittime, nel loro sacro silenzio, sono state violate, ridotte e in parte gettate donando ai loro cari, sopraffatti completamente dall’alienante dolore per averli persi, il peso di dover vivere una seconda perdita, qualunque sentenza sarebbe stata iniqua. Non è possibile quantificare il numero di giorni, ore e minuti che sono serviti per capire come affrontare il dolore di una seconda morte quando, magari, eri appena riuscito a convivere con la consapevolezza della prima perdita.

L’impossibilità è data proprio da quel tipo di dolore che, per istinto di sopravvivenza, impari ad accettare consapevole che farà sempre parte di te. Ognuno di quegli innocenti era un padre, una madre, un fratello, un figlio, una sorella, una moglie, era un scrigno prezioso che custodiva frammenti di vite vissute. La sacralità di un corpo ha spinto l’essere umano a erigere luoghi deputati al dolore, luoghi dove è possibile instaurare la corrispondenza di amorosi sensi che come un balsamo può lenire la ferita generata dalla perdita. Sapere che l’urna che onori con le lacrime forse non contiene chi ami o solo in parte insieme ad altri resti, ti fa vivere sospeso nell’incredulità perché la mente non riesce a cogliere il senso di tanta malvagità, quella stessa malvagità che la scrittrice Hannah Arendt sintetizzò in una semplice espressione: la banalità del male.

E’ proprio quella banalità che rintracci negli occhi dei due imputati, osservando le immagini sorridenti con le quali presentavano il loro crematorio, quel crematorio degli orrori trasformato in una piccola Auschwitz, che ti disarma. Ti rendi conto che nessuna pena inflitta potrà mai far comprendere loro, fino in fondo, la grande atrocità commessa. Non è colpa loro, è colpa della loro banalità. Ognuno di quei giorni, di quelle ore, di quei minuti non sono una forma di giustizia per noi parenti e per i nostri cari ma solo un puro atto di fratellanza universale elargito affinché, nel silenzio di una cella, possano sentire le urla di quei corpi e rendersi conto di quella banalità, quella stessa banalità che tutti quei puri hanno già perdonato

Miglio Oscar Arturo

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