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Biellese Magico e Misterioso | 05 luglio 2020, 08:00

Il Biellese magico e misterioso: La “Dea Fortuna” e il “Sole delle Alpi” nella necropoli romana di Biella

A cura di Roberto Gremmo

Il Biellese magico e misterioso: La “Dea Fortuna” e il “Sole delle Alpi” nella necropoli romana di Biella

La necropoli romana di Biella é stata scoperta casualmente nel 1949 in Riva, nella zona chiamata Aragni mentre si scavavano le fondamenta per una nuova villa.

   Una prima, ampia relazione sull’eccezionale risultato degli scavi veniva pubblicata dopo qualche mese sul “Bollettino della Scietà Piemontese di Archeologia e di Belle Arti” e veniva scritta da Carlo Carducci all’epoca sovrintendente ai beni archeologici e belle arti in Piemonte e Valle d’Aosta, uno studioso che diventerà molto celebre nel 1967 quando pubblicherà con l’Istituto bancario San Paolo un importantissimo trattato sull’arte romana nella regione subalpina.

    Effettuati dei sondaggi ad ampio raggio si scopriva che “le tombe si diradavano fino a marcare completamente nella zona di levante - nel punto cioè più pianeggiante e più vicino alla strada - mentre si facevano più fitte nella zona di oriente proprio sulle prime pendici della collina” e ne venivano portate alla luce almento 340, piene zeppe di reperti preziosi, subito ricoverati al Museo Civico cittadino.

    Le sepolture erano di vario tipo: in un pozzetto di laterizio; in pozzetti di pietra; da tegole che formavano una specie di capannina; in anfore segate e soprattutto mettendo i defunti in anfore con coperchi di pietra e frammenti di tufo.

    C’era davvero di tutto: anfore vinarie usate come sepolture; “patere” o coppe di vetro; lucerne del primo secolo, bottiglie e bicchieri di vetro ed ampolle o fiale a forma di colomba destinate a conservare il profumo fino a che la rottura della parte più stretta e più fragile della coda non ne permettese l’uso.

   C’erano poi sculture di terracotta e tutti questi oggetti che accompagnavano i morti rendevano la loro ultima abitazione “simile nei conforti all’abitazione terrena. Così si depongono nella tomba gli utensili, gli oggetti di toletta, i gioielli, le armi e anche le opere d’arte di cui queste statuette sono modesto emblema”.

    Fra le diverse statuette scoperte se ne distinguevano per grandezza, bellezza ed accurata esecuzione quella dedicata alla Dea Venere con cupido e una colomba ed un’altra che riproduceva la Dea Fortuna col corno dell’abbondanza e si scopriva anche un grande busto fitile di Minerva, Come ben sottolineava Carlo Carducci, erano manufatti “trattati con un impressionismo molto vivo e denotano una certa accuratezza nell’esecuzione delle matrici e una notevole ricercatezza nelle rifiniture e nei particolari”. 

    Il più curioso ed intrigante oggetto scoperto nella necropoli biellese era uno specchio rotondo che sul retro aveva inciso un simbolo originale, la stella a sei punte che é ben nota come “Sole delle Alpi” ed é considerata l’emblema della civiltà alpina e montanara.

    Con molta probabilità, un simile reperto potrebbe confermare  l’influenza Oltremontana delle antiche culture biellesi e, non per caso, il professor Carducci cita l’autorevole studioso francese Joseph Déchelette che riteneva importato dalla Gallia meridionale il tipo di sepolture scoperte a Biella.

    Un legame robusto rimasto forte anche dopo la devastante invasione romana.

Saremo grati a chi vorrà segnalarci realtà analoghe a quelle esaminate in questo articolo scrivendo a storiaribelle@gmail.

 Dal 14 febbraio 2017 nella rubrica “Biellese magico e misterioso” sono stati pubblicati più di 160 articoli che si possono ancora leggere nella sezione “Archivio” di Biella News.

   Per approfondire questi argomenti segnaliamo un libro pubblicato da Storia Ribelle casella postale 292 - 13900 Biella.

Roberto Gremmo

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