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ATTUALITÀ | 09 dicembre 2019, 07:00

L’opinione di Pietro Brovarone: “La morte del reato”

L’opinione di Pietro Brovarone: “La morte del reato”

La morte è l’esito del percorso di ogni essere vivente, a seguito del decorso del tempo, la prescrizione è la “morte” di un reato per il trascorrere del tempo. Il principio secondo cui anche i reati, salvo alcune eccezioni, se non accertati entro un determinato periodo di tempo, “muoiono” è un principio di civiltà giuridica che, sino ad oggi, non era mai stato messo in discussione.

La ragione sta nel fatto che la sanzione conseguente all’accertamento del reato produce i suoi benefici effetti “rieducativi” solo se comminata a breve distanza dal fatto, tenuto anche conto della personalità del reo in quel momento storico, la prova del reato è acquisibile con maggiore certezza a poca distanza dai fatti che ne sono fondamento. Un processo senza fine è una pena anticipata e ingiusta per vittime e imputati. Eppure, essendo ben note queste ed altre ragioni importanti che giustificano la prescrizione dei reati, il nostro legislatore, non essendo stato in grado, in questi anni 30 dall’emanazione del nuovo codice di procedura penale, di trovare una soluzione condivisa per far funzionare in maniera accettabile, la giustizia penale, ha pensato di rendere “immortale” il reato abolendo la prescrizione dopo il promo grado di giudizio.

L’esito di questa scelta è l’equivalente “dell’ergastolo processuale” per tutti coloro che si troveranno ad essere imputati, senza essere ancora giuridicamente meritevoli di condanna definitiva, nonché la sterilizzazione a tempo indefinito, delle eventuali pretese delle parti civili. Per queste e altre ragioni la maggioranza di coloro che operano nel mondo giudiziario sono contrari a questa idea di giustizia che passa attraverso una scorciatoia che sancisce nei fatti la capitolazione della garanzia costituzionale ad un processo in tempi ragionevoli, per le inefficienze organizzative dello Stato. La realtà dei fatti, vista da chi opera all’interno del sistema, permette di affermare che molti dei reati che vanno in prescrizione, potrebbero essere giudicati “il giorno dopo” la loro commissione, se solo si creassero dei canali preferenziali per quelle condotte che, seppur non particolarmente gravi, necessitano di una risposta immediata per far comprendere il disvalore dell’azione e impedire che il reo possa aver la sensazione di averla fatta franca.

Si dovrebbe, poi, operare anche sul sistema delle pene, accedendo a sanzioni, magari non immediatamente detentive, quali lavori di pubblica utilità, inserimento in comunità rieducative, attività riparatorie. Pene che dovrebbero conseguire quasi immediatamente alla commissione del reato, al fine di farne comprendere il disvalore dell’azione costituente reato, così come il reato ha inciso immediatamente nella vita della persona offesa o danneggiata, modificandola irrimediabilmente. Un sistema penale che risponde in maniera efficace sui reati “meno gravi” ha anche il vantaggio di liberare risorse in favore della repressione di reati più gravi la cui complessità di accertamento necessita di tempi più lunghi. Sino ad oggi, però, nessuno ha avuto la capacità di incidere in maniera efficace su di un sistema inefficiente. È stato voluto o è solo incuria? 

Pietro Brovarone

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