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ATTUALITÀ | 18 ottobre 2019, 07:00

Discariche e disagi, il Piemonte ragiona su come dividere le compensazioni

La Regione ha proposto che il 60% di quanto annualmente versano le discariche nelle casse della Regione venga assegnato alla città che ospita l’area di conferimento, mentre il 40% venga ripartito tra i paesi limitrofi.

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“Chi ha diritto ad avere più soldi, i Comuni che ospitano la discarica o quelli limitrofi che ne patiscono gli effetti?”. E’ stato questo il tema al centro della Conferenza Regionale per l’Ambiente che si è svolta ieri, a cui hanno preso parte l’assessore regionale all’Ambiente Matteo Marnati, Anci Piemonte e le Province.

“Abbiamo proposto – spiega Marnati – che il 60% di quanto annualmente versano le discariche nelle casse della Regione venga assegnato alla città che ospita l’area di conferimento, mentre il 40% venga ripartito tra i paesi limitrofi. Siamo però aperti a qualsiasi ipotesi”. Nel 2018 a Palazzo Lascaris sono arrivati circa 4 milioni e 400 mila euro dai siti di rifiuti: una cifra destinata a triplicare ed arrivare così a 12-14 milioni di euro, in base a quanto deciso dalla giunta Chiamparino.

L’ex amministrazione di centrosinistra aveva infatti deciso di aumentare il costo per chi portava direttamente in discarica, per disincentivare questa pratica. Il 90% dei 12-14 milioni resterà alla Regione, mentre il 10% verrà dato ai Comuni sede di conferimento della spazzatura. Toccherà ora ad Anci ed alle Province deciderà quale percentuale incasseranno, se 60% e 40% o diversa, i paesi coinvolti. La discarica di Barricalla si trova ad esempio a Collegno, ma nella realtà è ad un chilometro dal quartiere Le Vallette di Torino. I Comuni che ricevono i soldi sono obbligati ad investirli in iniziative o interventi legati all’ambiente, come nuovi cestini per la spazzatura o implementazione della raccolta differenziata.

Nei prossimi cinque anni, come spiega Marnati, lo scenario è destinato a cambiare perché “molte discariche urbane chiuderanno ed esisteranno solo più quelle speciali”.Durante l’incontro si è parlato inoltre di allargare le zone di salvaguardia dove non si può praticare l’allevamento intensivo, per salvaguardare ulteriormente le falde acquifere. Un disagio sicuramente per chi dovrà far pascolare mucche, maiali, pecore e galline, ma che serve ad evitare una procedura di infrazione europea.

Dal nostro corrispondente di Torino/g. c.

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