Hanno sottratto almeno 50mila a vari anziani i due rom italiani finiti in manette per la “Truffa del falso nipote”. Un terzo è attivamente ricercato; a loro carico i Carabinieri del Nucleo investigativo di Verbania guidato dal maggiore Giovanni Della Sala hanno ricostruito un grave quadro indiziario dimostrando l’esistenza di un’organizzazione che operava in più contesti, attraverso “batterie operative” di cui facevano parte i due arrestati.
Sono 9 gli episodi accertati tra Lombardia e Piemonte, che hanno portato il gip di Verbania Beatrice Alesci a emettere ordinanza di arresto per associazione a delinquere con l'aggravante del carattere transnazionale finalizzata a commettere truffe ai danni di anziani. Tre sono avvenuti nel VCO: a Domodossola (il 14 settembre) e due tentativi a Baveno il 16 settembre; altre truffe si segnalano a San Giuliano Milanese (Mi), Silvano Petra (PV); Bergamo; Valduggia (VC), Settimo Milanese (MI) e Cerano (NO). Quest’ultimo episodio, datato al 12 ottobre, aveva portato i militari di Novara ad arrestare - su input dei carabinieri di Verbania, che già indagavano sui fatti - il Kopacz e a restituire, grazie ad un tempestivo intervento, i 5mila euro sottratti ad un’anziana.
A Novara, dove risiedono, sono scattate le manette per il 38enne Davide Kopacz e il 27enne Angelo Lakatosz, entrambi pregiudicati e gravati da precedenti specifici. Un terzo - del quale non sono state fornite le generalità - è latitante.
Tra il maggio e l’ottobre 2016 il gruppo, che è composto anche da altri individui operanti tra Germania e Polonia, avrebbe messo a segno o tentato almeno 9 truffe con lo stesso modus operandi e una refurtiva stimata in 50mila euro.
Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Gianluca Periani, erano infatti partite a settembre, dopo i due episodi di Baveno, quando il sodalizio aveva tentato di truffare due persone. Tentativi falliti perché in un caso l’anziano non aveva “abboccato” e nell’altro perché era stato richiesto l’intervento delle forze dell’ordine.
Particolarmente ingegnoso e condotto con abilità il meccanismo messo a punto per portare a segno le truffe. Dall’estero alcuni soggetti in una sorta di vero e proprio call center, effettuando telefonate a cascata (i numeri erano presi probabilmente dalle pagine bianche) individuavano le loro vittime riuscendo a persuaderle con grande abilità d’essere un loro parente, spesso un nipote. Con telefonate sistematiche riuscivano così a instaurare un rapporto con gli anziani che culminava con la richiesta di somme di denaro (o in alternativa di gioielli). Richiesta motivata con un’urgenza - come ad esempio l’acquisto di un’automobile - e la promessa di una restituzione in tempi brevi della somma. E’ a questo punto che intervenivano il Kopacz e i suoi complici che, fingendosi emissari del falso “nipote”, ritiravano materialmente il denaro. Sono loro dunque gli esecutori materiali.
L’uso di automobili con targa falsa o collocata per agire sul territorio, utenze telefoniche estere e difficilmente rintracciabili dipingono il quadro di un’organizzazione molto attenta e per questo pericolosa.