Foto astratte di superfici consumate dal tempo. Ritagli di Chevrolet abbandonate nelle campagne degli States, immagini di cascine ormai in rovina, palazzi che si sfogliano nei sobborghi di Detroit. Sono “schiaffi” le opere che portano la firma di Luca Battaglia, artista che ha lasciato il Biellese da giovanissimo, con il desiderio di fare del mondo la sua strada.
E il mondo, lui, l’ha girato in lungo e in largo. Diplomato operatore turistico, militare della Marina alla base Nato di Napoli, nella città partenopea si è laureato in Sociologia e ha iniziato a lavorare per una famosa agenzia fotografica, come reporter di cronaca locale. I suoi lavori, prima di trasferirsi a Milano, sono comparsi su settimanali nazionali come “Oggi” e “Noi”. All’estero, Battaglia è stato free lance in Palestina, Israele, Libano e in vari Paesi dell’Europa, ha navigato da Venezia al Giappone, per poi approdare nel North Carolina. E fermarsi lì, per oltre dieci anni della sua vita.
La permanenza negli States ha, per lui, il sapore di San Francisco, dove ha esposto per la prima volta le sue opere. Opere che, negli anni, hanno preso forme e corpi diversi: fotografie impreziosite da cornici che ne ampliano lo sguardo, anziché intrappolarlo; stampe particolari o “etchings”, intagli, acqueforti che ribattezza “natureforti”, dai colori inventati, che mischiano tinte naturali a quelle brillanti e all’oro. Ma la sua crescita professionale e umana ha anche il profumo della terra del New Mexico, precisamente di un eremo a 2.500 metri d’altitudine, poggiato lungo il corso di un fiume, a mezz’ora di macchina dal primo paese abitato. Gli indiani “hopi” delle riserve a fargli da vicini e, insieme, da pubblico; perché anche lì, il suo studio artistico era aperto ai passanti, tra un viaggio e l'altro nelle gallerie d'arte degli Stati Uniti.
Su quelle distese, Luca Battaglia ha esposto le sue composizioni di cornici e pezzi metallici, come di acqueforti già decorate dal tempo e poi lavorate a mano. Foglie di lama, graffi sulla vernice, pozze di ruggine: chi osserva i suoi lavori ha di fronte “pezzi meditativi”: “Schiaffi, brutture, attraverso le quali si può cogliere il Bello - confida, con spiccato accento americano- Perché, alla fine, la Natura si riappropria di questi scarti del tempo e ci dona armonia”. Tutto ha un vissuto, tutto assorbe esperienza. Anche le portiere di una Chevrolet. Energia che si trasforma, tra passato e futuro, dice Battaglia. Una filosofia fatta propria stando a contatto con i nativi americani, che ricorda in un tatuaggio a forma di corvo tracciato sul collo, e che arriva con lui a Biella, dopo l'ultimo anno trascorso in Sud America, Costa Rica, Nepal.
Sotto il Mucrone, 17 anni dopo, Luca Battaglia si è guardato attorno, ispirato dall’archeologia industriale della zona: “Sono tornato per aprire un nuovo ciclo della mia vita e porto con me il mio anticonformismo, una nuova linfa. Sarebbe bello fare di una vecchia fabbrica biellese un centro artistico”. Il suo cammino si è incrociato con il progetto di Roberto Dorigo, diventato sito “DNheArt” (www.dnheart.com), una vetrina locale e insieme internazionale, rivolta e incentrata su artisti di ogni ramo artistico, ai quali si è unito lo stesso Luca Battaglia. Sarà proprio da Biella che la sua arte astratta muoverà alle gallerie di Milano e Torino. Ancora un altro viaggio, e un nuovo schiaffo.