Riceviamo e pubblichiamo:
"Le Democratiche biellesi, come molte altre associazioni di donne, ritengono l'approvazione del “Codice Rosso” un’occasione mancata per fare un vero passo avanti sul tema della violenza contro le donne. Pur apprezzando l'introduzione di fattispecie di reato importanti come il "revenge porn", (condanna da 1 a 6 anni per chi senza il consenso della persona pubblica foto e video a sfondo sessuale) i matrimoni forzati e le lesioni permanenti del viso, riscontriamo che le criticità avanzate durante le audizioni delle associazioni delle donne non sono state prese in considerazione.
In particolare ci preoccupa l'aspetto relativo all'ascolto della vittima entro tre giorni in quanto riteniamo possa rappresentare un'arma a doppio taglio. Il momento successivo alla denuncia, infatti, è quello a più alto rischio per la vittima poiché essa è lasciata sola non sentendosi protetta e sostenuta con la tragica conseguenza che spesso porta la vittima a ritrattare la denuncia. Torna a farsi strada nuovamente il vecchio pregiudizio secondo cui la vittima mente e che usi la denuncia per violenza come vendetta nei confronti dell'ex compagno.
Non ci convince l'istituzione dell'Osservatorio presso il Ministero di Grazia e Giustizia perché riconduce questo tema a fatto da risolvere solo sul piano repressivo, mentre la battaglia che le associazioni delle donne stanno portando avanti è culturale e riguarda i temi della Prevenzione, della Protezione, della Punizione e delle Politiche integrate. Per questo riteniamo importante agire correttamente sul piano formativo in particolare per quanto riguarda la formazione degli operatori di polizia, dei carabinieri, dei magistrati e di tutti gli operatori che a vario titolo hanno a che fare con le vittime di violenze. Per questo necessitano investimenti certi e mirati.
Vogliamo ricordare che è stato appena svolto un censimento dei centri antiviolenza, sostenuto con fondi pubblici, che rischia di essere inutile perché il “Codice Rosso” non annovera i risultati del censimento all’interno della norma. Così ora, mentre la maggioranza si pavoneggia con l’ennesima legge ideologica ed emergenziale, per le donne che subiscono violenza denunciare diventa ancora più rischioso proprio per quei tre giorni di tempo che i magistrati possono tenersi per capire se la donna "finge" una violenza e solo dopo disporre eventuali misure di protezione.
Ripetiamo da tempo che, come ha affermato il presidente dell'associazione Donne in rete Lella Paladino, "la denuncia è solo il primo passo di un percorso che per le donne spesso si trasforma nell’ennesimo calvario, come hanno dimostrato i tanti interventi visti in questi anni nelle aule dei Tribunali; spesso la loro parola non è creduta, la loro vita privata giudicata, la violenza subita non viene presa in considerazione quando si tratta dell’affido dei figli. Tutti questi problemi restano insoluti. Per noi è prioritaria la difesa delle donne, per questo governo invece è prioritario fare annunci, d’altronde cosa aspettarsi da una norma concepita più per smascherare le false denunce? Le donne si sentono dire che denunciando la violenza hanno rovinato la famiglia. Per questo governo, è evidente, sono le donne il problema, non gli uomini violenti".