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CULTURA E SPETTACOLI | 12 ottobre 2017, 17:43

“Non dal volto si riconosce un uomo, ma dalla maschera” FOTOGALLERY

Foto Daniela Fresc

Foto Daniela Fresc

L'intervista di Newsbiella a Bruno Albertino, medico chirurgo e alla moglie, dottoressa Anna Alberghina, collezionisti d’arte e studiosi di arte africana, presenti al M.A.C.I.S.T. MUSEUM  di Biella con le loro opere esposte dal 16 settembre al 29 ottobre.

Instancabili viaggiatori e tra i più importanti collezionisti di arte Africana. Il vostro interesse per questa arte è nato dall’amore per il viaggio nel mondo. Quanti paesi avete visitato sino ad ora?

Sì, io e mia moglie Anna abbiamo visitato insieme  ad oggi 70 paesi extraeuropei in 25 anni circa. 

Tutti i nostri viaggi sono sempre avventurosi, non privi di pericoli anche se non mancano mai le guide. Il nostro è un vivo interesse per l’antropologia e l’arte. Riuscire ad osservare da vicino e conoscere usi e costumi di popolazioni lontane e differenti dalla nostra cultura è entusiasmante. Partecipare ai loro rituali e cerimonie aiuta a comprendere il significato delle loro opere d’arte. 

Perché siete stati rapiti in particolare dalla bellezza per l’Arte Africana?

Sono culture dominate dalle immagini in cui la scrittura è quasi assente. L’arte africana è stata fonte di ispirazione dell’arte moderna e contemporanea per molti artisti famosi in tutto il mondo da Modigliani a Picasso, Carrà, Brancusi e Giacometti. Inoltre è affascinante perché è carica di fede e di significato. Non è mai banale.

In quali anni l’Europa entra in contatto con questo tipo di arte?

In Europa inizia ad essere conosciuta tra gli anni ‘20 e gli anni ‘50, vi furono importazioni di tessuti, saliere in avorio, oggetti in rafia. Il primo trattato sugli oggetti africani da un punto di vista estetico dal titolo “ Negerplastik” è del 1915 in lingua tedesca, scritto da Carl Einstein in cui lo storico dell’arte guarda a questa arte con diffidenza e pregiudizio. Solo in seguito grazie al collezionismo si impara a comprendere il significato degli oggetti di origine e produzione africana. Per poter esprimere un giudizio e una opinione occorre studiare il contesto in cui l’opera viene realizzata con quale scopo e conoscere il significato che l’artista ha voluto attribuirle. 

Tra le opere esposte al MA.C.I.S.T. MUSEUM è possibile ammirare parte della vostra collezione di maschere africane. Quale significato hanno rivestito e rivestono ancora oggi  nella tradizione dell’Africa nera?

Una tra le forme d’arte più diffuse nel Continente Africano sono le maschere, sculture realizzate in materiali come il legno, l’avorio e più raramente il metallo. Opere di cui non si conosce mai l’esecutore, vengono prodotte nella parte più occidentale del continente. Le Maschere autentiche quasi estinte in terra africana, appartengono a collezionisti d’arte di tutto il mondo e le più antiche risalgono a circa centoventi anni fa. Il loro impiego principale avviene durante i riti magici e  propiziatori, nelle cerimonie religiose e funebri, nell’iniziazione. In tutti questi casi  svolgono funzioni specifiche. Sono indossate a livello facciale oppure portate sulle spalle o tenute tra le mani.

Il valore di una maschera non finisce esclusivamente nella riproduzione dell’oggetto. Per la cultura africana il rito richiede altri elementi importanti. Vuole dirci quali sono?

Musica, danza e la maschera oggetto. In Africa si parla di maschera quando oltre ad indossare l’oggetto i riti vengono svolti danzando e suonando. L’insieme di questi tre elementi prende il nome di maschera.  

Quali sono gli elementi presenti in un oggetto d’arte che vi guidano a sceglierlo per la vostra collezione?  

La nostra attenzione è soprattutto legata all’aspetto dell’opera d’arte, sia in senso estetico che nella funzione del loro utilizzo. In Africa non esiste l’arte fine a se stessa, la creazione di un qualunque oggetto è sempre finalizzata ad un uso preciso. Le maschere di maggior interesse sono quelle “autentiche”, ovvero create appositamente per i riti e non banali riproduzioni. In Europa è possibile trovarle custodite da alcuni collezionisti.

Alcune sculture, in modo differente, riproducono la figura dei gemelli. Quale vuole essere il loro significato?

In Africa vi è un alto tasso di parti gemellari. Nella storia più antica i gemelli venivano persino uccisi poiché vi era la credenza fossero portatori di sfortuna. In memoria poi della loro morte venivano prodotte sculture per ricordarli e venerarli. Le sculture in realtà prendono il nome di “statuarie”, riproducono figure di uomini e antenati di valore considerati importanti, custodite e venerate nelle case africane. Le sculture e le maschere in particolare sono strumenti per stabilire un contatto con gli spiriti e gli antenati sono intermediari. Il concetto di gerarchia è molto sentito in questo paese, senza esclusione anche per i defunti. Alcune statuarie sono invece feticci, figure con potere magico. Il “Bilongo” è il liquido magico versato sui feticci per i riti di morte e malattia.

Quale sarà la prossima sede che avrà l’onore di ospitare la vostra collezione e quando?

Sino al 29 ottobre siamo presenti al M.A.C.I.S.T.  MUSEUM, in seguito saremo al Museo di Arte e Scienza di Milano.  

“Non dal volto ma dalla maschera si riconosce un uomo”. Frase scritta da Karen Blixen e titolo del documento video presente all’inaugurazione della preziosa collezione di Arte Africana al MA.C.I.S.T. MUSEUM di Biella.

Quando analizziamo la persona le strappiamo la maschera e
scopriamo che quello che sembrava individuale, alla base è collettivo.

Daniela Fresc

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